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La Palombara
Erano all'incirca le otto di mattina del "30 agosto 2009": una delle tante assolate domeniche estive di Lecce, capoluogo della penisola salentina - laggiù a Est, nell'estremo tacco dello stivale - quando, a differenza di quanto ci si potrebbe aspettare in piena estate da un giovane disoccupato, mi alzai per andare a 'lavorare'... e infatti, per quanto effettivamente disoccupato, paradossalmente era già un pezzo che, per così dire, lavoravo senza percepire però alcuno stipendio di sorta.
Calzai dunque il solito paio di scarpe da trekking che usavo in quelle circostanze, ormai logore e sconquassate dalle punte acuminate dei troppi scogli che avevano dovuto calpestare durante tutta l'estate, infilai i pantaloncini di tela più resistente che avevo abbinati a una bruttissima camicia bianca a mezze maniche - di cui ho sempre ignorato la provenienza - ed uscii di casa con i venti euro che avevo nel portafoglio; deciso come al solito ad aggiungere un altra tacca al calcio della mia 'pistola' che, in questo caso, era rappresentata dalla fida fotocamera subaquea... compagna di mille avventure e strumento indispensabile al raggiungimento dello scopo.
Nella fattispecie, la meta designata di quel giorno erano le affascinanti grotte semisommerse di Castro Marina: splendida località balneare situata a circa 50 km da Lecce, che affaccia sul mare Adriatico - o Ionio, a seconda della scuola di pensiero - offrendo allo sguardo un panorama degno della migliore tela romantica di fine Ottocento. La caratteristica rada fra strapiombi di falesie che si tuffano nel mare azzuro, con le case abbarbicate nella pittoresca insenatura.
- Dieci -
- Controlliamo l'olio? -
- No, grazie -, risposi, - buon lavoro -
- Anche a lei -
Trattenni un ghigno, pensando a quell'augurio, poiché così vestito, non si poteva certo dire che stessi andando in ufficio... eppure il benzinaio ci aveva azzeccato.
Arrivai a Castro che si erano fatte quasi le nove, e già si moriva dal caldo...
"Non sono ancora le nove", pensai stizzito "e già per trovare un parcheggio devo andare in culo ai lupi", meditando sul surplus di strada a piedi che mi sarebbe toccato fare dalla macchina al mare, sotto il sole cocente, in aggiunta ai diversi chilometri di rampicata sugli scogli che già non erano una passeggiata.
Qualche mese dopo scoprii l'esistenza di una stradina dissestata che, girando intorno a punta Muculune, mi avrebbe potuto condurre a tutte le grotte su cui intendevo procurarmi materiale fotografico; ma quel giorno, quando infine raggiunsi il porto, l'immane sudata mi aveva annichilito vista e razionalità: sicché decisi di raggiungere le grotte a nuoto...
"Almeno continuerò a sudare al fresco", mi dissi cercando di guardare il lato positivo di molti chilometri a stile con tanto di zavorra. "Lascerò le chiavi e il resto del bagaglio in custodia a questo gazebo che affità i pedalò e..."
In quel momento mi si accese la classica lampadina: il pedalò era la soluzione perfetta al mio problema, ma, sfortunatamente, coi dieci euro che mi erano rimasti potevo affittarlo solo per un'ora e, in un'ora, non sarei mai riuscito a pedalare fin dove volevo... non da solo almeno: non sono mica Mazinga!
Alla fine, con l'onnipresente fotocamera al collo, qualche minuto dopo pagaiavo contento a bordo di un veloce kayak - del costo relativamente economico di 5 euro l'ora - alla volta delle tanto agognate quanto poco accessibili grotte e, la mia 'missione', cominciava a non essere più così impossibile...
Doppiata punta Muculune, il promontorio naturale che ripara il porto di Castro dalle correnti di tramontana, mi concessi un bagno ristoratore nel cristallo delle fresche acque che lo circondavano osservando, compiaciuto di quella privilegiata condzione, i gabbiani che vi si affollavano inoperosi.
"Come sono fortunato", pensai sguazzando, con un occhio rivolto al panorama e l'altro alla canoa che in balia delle onde avrebbe potuto prendere il largo, "a vivere tanto vicino ad un posto così bello!"
Ma ero li per lavorare, io, e quel break doveva durare il meno possibile, se volevo fotografare le grotte col favore della luce del mattino che già volgeva al termine... Uno scatto al gabbiano appollaiato sulla roccia più protesa verso il mare e via, in sella al mio destriero di vetroresina, all'adempimento del reportage giornaliero.
"Forza con quella pagaia, che il tempo stringe", mi ripetevo ad ogni accenno di stanchezza e, finalmente, ecco delinearsi alla mia sinistra la sagoma nera della prima apertura nei calcari: la grotta Palombara. Per non perdere lo slancio agonistico acquisito, però, decisi di non fermarmici subito, ma cominciare a fotografare le grotte dalla più lontana che sarei riuscito a raggiungere e, di fatti, un paio di chilometri più a Nord, eccomi all'imboccatura della celeberrima grotta Zinzulusa; tanto bella quanto nota, che oramai per accedervi tocca sborsare la bellezza di 4 euro sonanti: somma di cui, per mia disdetta, non avrei mai potuto disporre in quel momento e, in un riso amaro che oggi sarei curioso di vedere dal di fuori, cominciai a inveire sul controllore in dialetto serrato che era un furto, una vergogna, uno schifio: che non ero un tedesco in vacanza o un polentone in gita, che questo, quello e quell'altro ancora... ma niente da fare: stavo solo sprecavo il fiato
La sola cosa rimasta da fare, alla fine, fu una conciliante inversione a U verso la più economica grotta di Giustino - sita poche centinaia di metri più a Sud - e, procedendo sempre in quella direzione, poco dopo raggiunsi l'antro accogliente della grotta Azzura, così chiamata in virtù del colore azzurro intenso che l'elemento marino, illuminato di taglio dai raggi del sole che penetra dalle fenditure, assume al suo interno creando un mirabile contrasto cromatico con la penombra che copre, rendendola a prima vista nera, una roccia dalle sfumature violacee alla base che si fanno verdastre salendo alla volta.
Assai più verde, ma con striature di cobalto e turchese, mi apparve invece il colore interno della poco distante grotta Ritunna: una non molto profonda cavità originata prevalentemente da escavazione marina cui entrai dal curioso ingresso a punta che raggiungeva al vertice un altezza massima di appena 5 metri. Infine, già che c'ero, feci una puntatina veloce anche ai primi metri semisommersi del Canale di Cristoi, grotta visitabile interamente solo con attrezzatura e competenze da sub. Insomma, escludendo il piccolo imprevisto della Zinzulusa, tutto procedeva secondo i piani, in fin dei conti, e non potevo che ritenermi soddisfatto di quella proficua sessione fotografica.
"Magari si avvicinasse abbastanza da coprire un po' questo solleone", pensai speranzoso quando mi accorsi di una nuvoletta che faceva capolino da dietro il castello di Castro, saldamente arroccato sullo sperone roccioso più alto di tutto il circondario; ma il traguardo era troppo vicino per perdermi in simili sciocchezze, ora che mancava da sbrigare una sola pratica, per archiviare definitivamente il caso: la famigerata grotta Palombara.
Mentre scrivo questo testo riguardo le foto scattate quel giorno: foto ignobili, che non rendono giustizia alla più piccola parte di questa grotta... figuriamoci, allora, quale penna potrebbe farlo mai. Anzi, credo fermamente che gli aggettivi del vocabolario umano perdano la loro consistenza, all'interno di un luogo simile... Certo, adoperando il gergo tecnico potrei dire che la cavità è impostata su una diaclasi: ossia una frattura verticale, un taglio netto nei calcari dovuto prevalentemente ad escavazione marina, ma originata da crollo e fratturazione tettonica provocata dalle faglie. Forte della lontananza, nel tempo e nello spazio, potrei perfino aggiungere con apparente e calcolato distacco che la cavità si snoda per un percorso orizzontale lungo complessivamente "80" metri, avente "18" metri di larghezza all'imboccatura ed un altezza massima di "50", di cui "30" emersi... e sarebbe come non aver detto nulla. Potrei allora argomentare la mia tesi con le due leggende tramandate dalla tradizione popolare che attorno ad essa ruotano: la prima che parla di una fanciulla condotta quì dalle colombe della pace, dopo aver chiesto aiuto alla Madonna per le servizie cui matrigna e sorellastra la sottoponevano e la seconda che, addirittura, sostiene sia possibile per colui che riesca a farlo, avverare un qualsiasi desiderio pronunciato ad alta voce dalla terminazione finale della grotta... ma a cosa servirebbe?
La canoa avanzava lentamente verso l'altissima apertura verticale che introduceva al nero di quella che mi parve (e mi pare ancora) la cattedrale gotica dei draghi, sospinta da pagaiate sempre più incerte, al pari di una crescente sensazione di smarrimento raramente sperimentata da un avventuriero avvezzo alle grotte come me. In realtà, i "18" metri di largezza millantati poc'anzi sono solo una burla: perché appena imboccata la grotta, uno 'scalino' sulla sinistra la riduce da "18" a meno di "3" e, perciò, mi ritrovai ben presto orientato verso un altra dimensione; completamente diversa da ciò che mi stavo lasciando alle spalle.
Rimasi lì, fermo all'ingresso, per alcuni istanti che potrebbero esser stati minuti o viceversa, a scattare immagini che avrebbero potuto esser degne della penna del più brillante Tolkien e riflettere sul da farsi; atterito dal nero silenzio di quel luogo ameno eppure affascinato dal fievole luccichio di quei misteriosi giochi di ombre che, non potevo ancora saperlo, la mia misera fotocamera non sarebbe mai stata in grado di cogliere.
Una pagaiata... due... e basta. Anche volendo, ormai pagaiare non era più possibile: giacché la larghezza dell'antro non più lo consentiva. Invero, era così spropositatamente sproporzionato con l'altezza - che invece non riuscivo affatto a stimare - che il solo modo rimasto per avanzare era di usare la pagaia per spingere contro le pareti laterali e, dopo un altro paio di foto, cominciai coraggiosamente ad avanzare in quel modo nella scura e silente caverna dalla forma tanto contortamente affusolata. La scusa di comodo delle foto mi dava modo di non sentirmi troppo vigliacco, quando ad ogni metro in avanti mi dovevo in realtà fermare per prendere coraggio, dacché ogni formazione calcarea che ricopriva le pareti della grotta sembrava un essere mostruoso immortalato appositamente per adornarne la stretta e alta navata. Ma il silenzio, sopra ogni altra cosa: quel silenzio era la cosa più agghiacciante, dovete credermi.
L'acqua immobile era mossa solo dalla mia canoa - quando la muovevo - e non produceva alcuna vibrazione che orecchio umano potesse udire e, man mano che mi addentravo nella penombra ascoltavo attento il rumore della risacca, ultimo segnale proveniente dal mondo là fuori, affievolirsi inesorabile ad ogni metro; fino a svanire del tutto. Forse il caso, il destino o la sventura (chiamatelo come vi pare) volle che la mia macchinetta potesse scattare immagini senza bisogno di emettere alcun tipo di "click" - e mai funzione mi fu più gradita - che avrebbe altrimenti scatenato riverberi colossali; così che la mia sola preoccupazione consisteva nel calibrare il mio stesso respiro ai minimi storici e spingere la pagaia sulla roccia con la massima delicatezza che mi era possibile.
Un metro dopo l'altro, mi aspettavo che la larghezza della fenditura si stringesse sempre di più, arrivando a misurare esattamente quanto la pagaia e, successivamente, quanto le mie braccia aperte; ma dopo innumerevoli metri di sprezzante incedere, quell'interminabile e altissimo corridoio di nero silenzio spettrale non accennava a variare di un millimetro le sue bizzarre e contorte dimensioni. A quel punto (lo capii in seguito) dovevo essermici addentrato per almeno "30" o "35" metri, ma in quel momento non potevo e non volevo saperlo: ero perfettamente consapevole, infatti, che se avessi osato girarmi verso l'uscita per trarre delle conclusioni metriche, la luce che vi proveniva mi avrebbe tolto definitivamente la forza mentale necessaria per abituarmi di nuovo a quell'oscurità e avanzare ancora verso la meta. No: non potevo girarmi fin quando non avrei visto il fondo di quel dannato tunnel degli orrori. Proprio così: perché ormai avevo paura... e riuscireste forse a biasimarmi? Un semplice uomo, solo, al cospetto della grandezza di madre natura espressa nella sua forma più silente e tenbrosa.
... e tuttavia avanzavo, un metro avanti all'altro, conquistando ogni centimetro con la sola forza di volontà, senza per questo vedere nulla all'infuori dei tenui riflessi di verde che davano il contorno alle sporgenze difformi di quelle lugubri pareti laterali... il silenzio e l'oscurità in cui mi stavo addentrando esercitavano via via un effetto paragonabile al canto ammaliante delle sirene: che affascina l'orecchio di chi ascolta sebbene consapevole della sua grande pericolosità. E intanto la Palombara sembrava non avere fine...
"Ma cosa ti ostini a fare?!!" mi dissi, "Tanto ormai le foto non escono più: non lo vedi che è più buio di un buco di culo?"... temendo ormai addirittura, nel formulare questo pensiero, che in quel silenzio irreale qualcuno o qualcosa potesse intenderlo e restarne offeso; nell'illogica percezione dei sensi, alterati dallo stress emotivo di quella condizione di buio tombale e silenzio senza fine. Nessuno mi crederà, lo so, ma è la verità, lo giuro, così come il seguito.
... Un tuffo al cuore... che dura un attimo... poi...
... era la sua voce, chiara e distinta, che mi ruggiva in faccia un astio furibondo come non ne avevo mai ascoltati... era un drago... il drago che abitava il fondo di quella cavità comunicante con le viscere della terra... drago che la mia incoscienza aveva risvegliato dal suo sonno millenario... e che dunque mi ruggiva la sua furia...
Ma un attimo dopo, cosciente dell'assurdità di tale conclusione, pensai invece, parimenti sconvolto da quella più realista ma non meno tremenda di un terremoto: "Morirò quì se non esco subito! Mi crollerà tutto addosso... povero me!"
Sarei voluto pagaiare via come una scheggia, ma tanto era stretta la gola in cui mi ero cacciato che non potevo nemmeno girare la canoa verso l'uscita e, così, presi freneticamente a spingermi contro le pareti della grotta, senza più ritegno e riverenza alcuni nei confronti di quella caverna dove rischiavo di restare sepolto. Quel luogo un tempo così silenzioso, che adesso rimbombava invece di un rombo cupo e pieno come quello di un tuono centuplicato dalla potenza di un deley con il decay al 95% e... mentre arrancavo disperatamente verso la luce...
Dopo cinque secondi, i cinque secondi più palpitanti di tutta la mia vita, riguadagnando definitivamente il controllo dei nervi, mi resi finalmente conto di quel che stava realmente accadendo. Negli interminabili minuti di silenzio e oscurità che avevano caratterizzato quel 'viaggio' all'interno della Palombara, era improvvisamente scoppiato un semplice temporale estivo e, probabilmente, un fulmine doveva essere caduto da quelle parti - o forse era solo la conformazione di quella che io continuerò sempre a ricordare come la "cattedrale gotica dei draghi", ad averlo amplificato e riverberato in quel modo disumano.
Ad ogni modo, quei cinque secondi, io non potrò più dimenticarli finche campo!!!
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0 recensioni:
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- nunzio - hai ragione da vendere: il preambolo andrebbe tagliato
coccinella - grazie... ci sei stata in vacanza?
fulvio - verissimo: come ho detto anche a nunzio è troppo lungo (me lo ricorderò in futuro), ma come avrei fatto a sintetizzare tutto in 13 righe? Per quanto riguarda Lecce anche hai ragione: quello andrebbe proprio tagliato...
Anonimo il 12/11/2010 13:28
Ho notato che Nunzio Campanelli è un buon commentatore, poco severo per la verità, ma nemmeno osannante. Dice cose giuste. Inoltre non siamo alle elementari per dire che Lecce è il tal capoluogo e si trova nel tal posto (manca solo il nr degli abitanti). Ignora sistematicamente tutti i commenti formali e generici (sono solo commenti di scambio)
Ti interesserà sapere che un recente studio ha dimostrato che i brani più letti nel web non superano le 13 righe!!! Regolati. Ormai io sono in quella misura, ma... non è facile. Quello pubblic. ieri è di 14 righe (23 commentatori positivi). Per darti un'idea te lo mando in privato (non è serio nè lecito mostrare il materiale di altri siti).
Per l'inghippo ho risolto: basta copiare prima dell'invio; se non parte, incollo. Ciao
- Bel racconto, complimenti... ottima descrizione è stato come rivisitare quei posti per me...
Anonimo il 12/11/2010 07:07
Marco, evidentemente il tuo racconto non gradisce commenti troppo lunghi! Ne è appena saltato uno pure a me. saarò pertanto sintetico:
Racconto godibilissimo perchè riesci a trasmettere al lettore una parte delle tue sensazioni (tutte sarebbe impossibile per chiunque).
Accorcerei il preambolo iniziale perchè costituisce un deterrente alla lettura completa del tuo scritto ( a mio modesto parere, naturalmente).
Comunque un Bravo te lo sei meritato.
Ciao.
- Peccato... mi sarebbe piaciuto sapere che ne pensi: capita spesso quando si scrivono commenti lunghi. Io ho imparato a scriverli su un foglio di testo, infatti, e poi fare copiaincolla. Comunque grazie di essere passato
Anonimo il 11/11/2010 00:36
Ho scritto un lungo commento ma non l'ha preso???
Ho tentato altre 2 volte pazienza
- Grazie ad entrambe dei complimenti e del tempo che avete dedicato alla lettura di questo polpettone
Paola - al prossimo giro però mi porto un faretto
Valeria - it can scream that
- Fantastico! ... a parte l'ottima capacità descrittiva credo che poter visitare luoghi così suggestivi sia un'esperienza indimenticabile. Io non avrei potuto: soffro di claustrofobia! It was really an unforgettable adventure!
- Bella, mi hai fatto sentire come se fossi stata lì con te! Descrizione particolareggiata che mi è molto piaciuta!
È inutile che ti dica di stare attento alle prossime visite alle grotte, ci ha già pensato il Drago!!! ... e se decidi di rifarti la Palombara vengo con te
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