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Pickwick e gli altri

C'è stato un periodo, nella mia vita di bambino, in cui i miei genitori litigavano tutti i giorni, addirittura due volte al giorno se il babbo tornava a casa dal lavoro anche per pranzo.
Mentre le urla coprivano i notiziari televisivi e gli insulti nonché i piatti volavano a destra e a manca, io sgusciavo via di casa infilando le scale che portavano, due piani più sopra, all'appartamento del nonno Gino.
Nonno Gino in realtà non era il padre di mia madre, ma lo zio: l'unico superstite "cittadino" di una famiglia che, nella sua maggioranza, continuava a vivere nella campagna del basso Piemonte.
Non era che non corresse buon sangue con la nipote ma, semplicemente, si viveva su piani diversi e non solo del palazzo..
Poiché ero l'unico che, regolarmente, gli faceva visita avevo accesso a questa "diversità" e mi ci ero abituato. Senza problemi. Anzi.
Ero un bambino di dieci anni, bravo a scuola anche se nessuno a casa, per i problemi suddetti, sembrava accorgersene; introverso quel tanto che basta per non essere mai chiamato in piazzetta dai compagni a tirare calci ad un pallone nelle ore pomeridiane, già sofferente di pene d'amore per una ragazzetta con una spruzzata di efelidi ai lati di un nasino che si arricciava con sufficienza, ogni volta che le offrivo metà del mio prezioso pane e mortadella, insomma un preadolescente problematico.
Per fare tornare un po' di colore su quelle guance che parlavano di uno stomaco vuoto, nonno Gino per prima cosa si industriava attorno ai fornelli.
Oggi posso dire che quel minestrone non era buono solo per le verdure dell'orto che lui coltivava in un pezzetto di collina alle spalle dei casermoni dove abitavamo ma, anche e soprattutto, perché era il solo atto d'amore di cui fossi oggetto in quegli anni.
Dopo pranzo, nonno Gino si accomodava in poltrona mentre io dividevo il divano con il vecchio Jack, cane da caccia ormai in pensione, deciso a godersi a lungo quel vitalizio di ciotola e acqua senza grosse fatiche.
L'aria si andava riempendo del fumo delle nazionali senza filtro poi, ad un certo punto, fra un anello azzurrognolo e l'altro, il nonno alzava un dito e mi ingiungeva: "Scaffale A, terzo ripiano, il quarto da sinistra".
Non ho mai capito come facesse a ricordare così, a memoria, la collocazione di ogni volume di quella che era una vera e propria biblioteca che tappezzava su tre lati le pareti della stanza a fianco.
In ogni caso non ci fu mai una volta in cui sbagliasse.
"Dunque ora che hai in mano "Il circolo Pickwick" vai a pagina 257 quando Pickwick fa la conoscenza di Sam Weller, il lustrascarpe che poi diventerà il suo domestico e grande amico..".
Forse la vista iniziava a dargli qualche problema e, quindi, un paio di occhi freschi ed una lettura ad alta voce nient' affatto esitante gli tornavano utili, forse nonno Gino aveva capito che, per i lividi di una giovane anima maltrattata, quello era il rimedio più adatto.
L'amore per i libri trasmesso in quei pomeriggi da nonno Gino non mi ha mai abbandonato ed è stato una delle cose che mi ha permesso di arrivare ad essere quello che sono.
Ho smesso di fumare da tempo per amore di Lidia, mia moglie.
Oggi, però, quando ho preso in mano questo "Circolo Pickwick", avrei voluto stringere fra le labbra una nazionale senza filtro. Quelle nel pacchetto verde con la caravella nera.

 

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7 commenti:

  • Anonimo il 11/02/2011 12:21
    Molto brava Claudia, mi è piaciuto.

    Suz
  • Claudia Ravaioli il 01/12/2010 16:00
    Credo che la differenza può essere fra "parole urlanti" e "parole raccontanti" - il piano dei genitori e il piano di Nonno Gino.
    Rifugio la lettura nella mia (come del protagonista) infanzia lo è sempre stata ma anche ora fuga / mondo mio e soltanto mio /...
  • Michele Rotunno il 01/12/2010 11:57
    Piaciutissima anche se non si comprende bene la correlazione tra litigio e fuga con il mondo della lettura. In altre parole quale tipo di evasione è.
    Comunque sempre bravissima.
    Ciao
  • Anonimo il 01/12/2010 11:57
    La casa dei nonni, un luogo dell'anima.
    Anche a me quel tipo di sigarette mi trascina in un mondo di ricordi.
    Molto bello.
  • lucietta vo il 30/11/2010 20:20
    mi piacciono le storie di vita, scrivi bene e il finale è forte
  • Roberta P. il 30/11/2010 08:53
    Bellissimo. Le descrizioni e gli ambienti emanano un calore confortante.
    Ogni volta che leggo i tuoi racconti mi sembra di viverli realmente.
    Tra le altre cose, oltre a scrivere bene, tratti sempre degli argomenti interessantissimi: bravissima, Cla!
  • Anonimo il 29/11/2010 19:57
    Bel racconto, ben scritto, bella scelta del capolavoro di Dickens... non è che eri tu quel ragazzetto?
    ti do una dritta che vale per tutti i nonni Gino del mondo: questo ed altri capolavori si possono ascoltare su Radio Tre letti da grandi interpreti della lettura( alcuni autori famosi come Andrea Giordana). Se ti interessa ti dico come fare...
    bello anche il nome del cane, Jack...è così che mi chiamano gli amici. Ciaociao

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