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Il vecchio avaro e il giovane che voleva morire
Il giovane si chiamava Marco Baggi, aveva venticinque anni e la sua unica aspirazione era la morte.
L'uomo anziano rispondeva al nome di Bartolomeo Palladini e, nonostante i suoi novantuno anni, desiderava disperatamente vivere.
Dio però aveva altri progetti per la mente e, soprattutto, si preparava per dare loro una bella lezione. La più significativa di tutta una vita.
Non sarebbe stato un grosso problema farli incontrare, in fondo un vegliardo novantenne e un giovane aspirante suicida avevano una cosa, o meglio un luogo in comune: l'ospedale.
Quel lunedì mattina Marco aveva programmato tutto con cura: aveva atteso che il padre fosse uscito per raggiungere il suo posto di lavoro e aveva aspettato di sentire i tacchi della madre mentre attraversava la piazza per recarsi al mercato.
Non c'era tempo da perdere altrimenti la paura, la vigliaccheria o l'esitazione avrebbero potuto rovinare tutto.
Niente scene da film con taglio delle vene e relativo dissanguamento nella vasca da bagno e nemmeno voli d'angelo giù dal balcone (considerando anche il fatto che abitava al pian terreno e un salto dalla finestra gli avrebbe procurato a malapena una sbucciatura alle ginocchia o poco più).
Sarebbe stato un lavoro pulito: da bravo studente di medicina sapeva bene quale cocktail di farmaci ingerire per salutare il mondo con dignità ed evitare di compromettere i suoi organi.
Non avrebbe nemmeno lasciato un biglietto di spiegazioni strappa lacrime alla sua famiglia. Era perfettamente inutile, tutti sapevano i motivi del suo gesto.
Intanto Bartolomeo stava tiranneggiando la sua badante con assurdi rimproveri e incessanti richieste: prima un bicchiere di acqua zucchero e limone, poi un sigaro cubano, un minuto dopo un altro cuscino per la sua schiena e dopo ancora, un biscotto al cioccolato.
La donna, una peruviana bassa e tarchiata, stava per protestare che quello era il suo giorno libero e che aveva preso degli impegni, ma poi lo vide impallidire portandosi una mano al petto.
Forse è arrivato il suo momento pensò lei con un certo sollievo: perdere il lavoro non era una cosa bella, soprattutto di questi tempi ma rimanere al servizio di un simile dittatore era infinite volte peggiore che essere disoccupata e senza soldi.
Mezz'ora più tardi, contro ogni aspettativa, il vecchio riprese debolmente i sensi: era sdraiato su un letto d'ospedale e un'infermiera lo stava conducendo al reparto. Nel corridoio, un gruppo di medici spingeva freneticamente una lettiga sulla quale un giovane oscillava pericolosamente tra la vita e la morte.
Accanto a loro, una donna in lacrime chiedeva: perché lo hai fatto figlio mio? Perché?
Marco si riprese in fretta.
Grazie alla provvidenziale mano divina, la madre, appena giunta alla bancarella della verdura, si era accorta di non avere il portafoglio ed era tornata a casa in tutta fretta, giusto in tempo per vedere il figlio che cominciava a perdere i sensi.
La corsa in ospedale era stata la sua salvezza: i veleni che aveva assunto non erano stati ancora del tutto assimilati e una lavanda gastrica aveva risolto velocemente il caso.
Fortuna che Dio riesce a svolgere più cose temporaneamente e aveva trovato il modo di trattenere la badante in casa a prendersi cura di quel vecchio irascibile e incontentabile, altrimenti sarebbe stata dura offrire a quei due l'opportunità di conoscersi e imparare qualcosa davvero importante l'uno dall'altro.
Anche le condizioni di Bartolomeo miglioravano. Era incredibile come un cuore tanto vecchio e malandato fosse riuscito a sopravvivere al terzo infarto.
La notizia si era diffusa velocemente in tutto l'ospedale, giungendo anche all'orecchio di Marco che, incuriosito, intendeva conoscere quell'individuo il cui cuore non voleva cedere al peso degli anni e della vita.
Desiderava incontrare quell'uomo fenomenale e chiedergli quale fosse il suo segreto e discutere con lui della buona sorte che tocca solo alcuni e ignora molti altri.
Ci credeva lui nel destino? Avrebbe saputo spiegargli perché aveva vissuto quasi un secolo e, invece, la sua giovane, dolce, adorata Margherita era morta tre mesi prima in attesa di un donatore che avrebbe potuto salvarla?
Conoscere Bartolomeo però non fu l'esperienza illuminante che si aspettava: era un vecchio burbero, scortese a tratti malvagio e odioso.
Marco però, che non aveva niente da perdere, (tutto ciò che lo teneva legato alla vita, se ne era andato tre mesi prima) non intendeva darsi per vinto. Avrebbe abituato l'uomo alla sua presenza e conquistato la sua fiducia fino a scoprire cosa ci fosse di buono sotto quella scorza dura. Voleva delle risposte da dare a Margherita quando si sarebbero ricongiunti nell'altro mondo e si era messo in testa che quell'anziano fosse la chiave di tutto.
Dopo le dimissioni dall'ospedale, il ragazzo iniziò a fare visita al vecchio regolarmente, ma fu davvero dura per lui entrare nelle grazie del Sig. Palladini: Bartolomeo non si fidava di nessuno, aveva una paura terribile che la gente gli stesse attorno solo per impadronirsi dei suoi beni e dei suoi oggetti preziosi. A ogni visita, costringeva Marco a stare seduto accanto al suo letto senza neppure permettergli di andare in bagno e, al momento dei saluti, doveva svuotarsi le tasche davanti ai suoi occhi. Naturalmente nessuno passava a trovarlo: le uniche persone a girare per la sua casa erano Marco e Neroli, la badante. Non aveva moglie né figli, i suoi fratelli erano morti già da tempo e i suoi nipoti avevano smesso di fargli visita. Era solo, le sue cattive maniere lo avevano completamente isolato ma, nonostante questo, Bartolomeo continuava a essere il detestabile e arido uomo di sempre.
Ci vollero dei mesi per fargli capire che quel ragazzo non avrebbe rubato nulla, mesi in cui l'anziano aveva osservato a lungo il giovane e, mosso dalla curiosità, aveva finalmente deciso di chiedergli cosa volesse da lui.
Fu un grande passo avanti per Marco che riuscì finalmente a stabilire un dialogo con Bartolomeo. All'inizio era solo lui a parlare cercando argomenti interessanti ma generici in modo da non turbare l'uomo e non farlo richiudere in un silenzio di ghiaccio. Poi, piano piano, anche Bartolomeo fu colpito dal desiderio di parlare di sé, delle proprie esperienze e della vita.
Non si poteva dire che i due fossero diventati amici, ma le loro conversazioni si erano trasformate in piacevoli passatempi per entrambi: il vecchio aveva trovato qualcuno con cui riempire quella vita di amara solitudine, il giovane trascorreva qualche ora di sollievo da quel dolore che gli faceva desiderare la morte.
Arrivò finalmente il giorno in cui si realizzarono i piani del Signore. Questa volta però non fece nulla per forzare la mano: la situazione era ben avviata e Lui era certo che tutti i tasselli si sarebbero incastrati al posto giusto.
"Perché volevi morire ragazzo?" aveva domandato Bartolomeo, senza alcun preavviso, dopo aver accettato dalle mani del giovane una tazza di te.
Marco era ammutolito. Mai gli aveva raccontato del tentativo fallito di porre fine alla sua vita; né aveva parlato di Margherita e della sua sventurata sorte.
Com'era riuscito quel vecchio brontolone a capire cose a cui lui non aveva mai accennato?
"Ti ho visto quel giorno all'ospedale sai? Quella donna chiedeva perché così ho capito ciò che avevi fatto".
Non c'erano parole per descrivere quello che Marco provava in quel momento: erano mesi che tentava di leggere nell'anima di quell'uomo mentre lui, con un solo sguardo, era riuscito a fare molto di più.
Fu un fiume in piena quello che sgorgò dalle labbra del ragazzo: rivelò tutto a quello sconosciuto. Gli disse che Margherita aveva una malformazione cardiaca, che non si trovava un donatore e che lui adesso era solo con il suo cuore sano ma sanguinante di dolore e disperazione.
Bartolomeo non si era scomposto più di tanto, ma aveva ascoltato con attenzione quella voce rotta dal pianto e, per una volta, era riuscito a provare compassione. Proprio lui che aveva allontanato i suoi cari, lui che non voleva morire per avidità, per non permettere ai suoi nipoti di godere a piene mani dell'eredità.
E adesso quel ragazzo gli faceva domande sul destino e sulla vita; ma cosa ne poteva sapere lui, se aveva vissuto con il solo obiettivo di accumulare una fortuna da non dividere con nessuno?
Forse non era in grado di dare risposte, ma una soluzione sì. Riflettendoci bene aveva capito come fare per aiutare quel suo unico, giovane amico.
L'uomo morì qualche settimana più tardi. Nonostante avesse superato la crisi cardiaca, i medici dissero che si era lasciato andare quasi volesse inseguire una decisione volontaria.
Il suo testamento fu una sorpresa per tutti. Naturalmente, non avendo eredi diretti, tutte le sue fortune andarono ai figli dei suoi fratelli, ma quello che suscitò scalpore fu una generosa donazione all'ospedale in favore della ricerca sulle malattie cardio-vascolari con la speranza che il suo gesto potesse servire a salvare le varie Margherita e a restituire l'amore ai vari Marco.
Ma soprattutto, sperava che un certo ragazzo potesse continuare a vivere, diventare un medico e innamorarsi ancora.
Insieme alle sue ultime volontà fece trovare una busta indirizzata a Marco Baggi. Era una lettera concisa, sintetica che rifletteva lo stile di Bartolomeo in tutta la sua severità. Ma nonostante la brevità e la calligrafia nervosa, dentro c'era tutta la sua gratitudine: per essergli stato accanto, per la sua amicizia ma ancora di più per avergli insegnato a morire. Morire felice di sapere che i suoi nipoti avrebbero goduto delle sue ricchezze. Morire dopo aver lasciato un cospicuo assegno a un giovane che gli aveva dato affetto, nonostante il suo brutto carattere. Morire sapendo che, a volte, ne valeva la pena.
Il ragazzo non era disposto ad affrontare un altro lutto: aveva cominciato a nutrire un sincero affetto per quel vecchio e ora doveva rinunciarvi. Certo era grato dell'improvvisa e inaspettata generosità di Bartolomeo, ma la sua scomparsa gli provocava di nuovo quell'antico desiderio di rifugiarsi nella morte.
Poi però comprese il significato profondo di quello che era successo: Marco era stato in grado di guarire un cuore. Non era la chirurgia, non la sua abilità come specializzando o la scoperta di un farmaco innovativo e nemmeno la fortuna. Era stato l'amore, il rimedio miracoloso che aveva tramutato un cuore di pietra, in uno capace di provare autentici sentimenti. L'affetto che gli aveva donato era stato un balsamo, un fertilizzante che si era fatto strada per le aride vie di quell'uomo facendo germogliare il lui i semi della guarigione e della speranza.
Marco diventò un noto e stimato cardio-chirurgo; salvò molte vite, mentre per altre non ci fu nulla da fare e dovette rassegnarsi e lasciarle andare.
Non pensò quasi più alla morte: ogni volta che la depressione tentava di bussare alla sua porta, lui si recava in visita presso le spoglie del suo amico e, dopo una muta conversazione con lui, tornava in sé, pronto ad affrontare nuove prove, piacevoli o dolorose che potessero essere.
Dio notò il risultato di quell'ottimo lavoro: il suo intervento era stato fondamentale, ma dovette ammettere che quei due avevano raggiunto obiettivi superiori alle aspettative.
Con Marco aveva finito ed era giunto il momento di raccogliere qualche nuova sfida, altrove.
Non erano poi così male questi uomini, pensò dando un'ultima occhiata verso il basso.
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