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Elettroencefalogramma piatto

Sapete voi cos'è un'allucinazione? Avete mai avuto un'allucinazione? Io credo proprio di si, anche perchè è un fenomeno molto diffuso a certe latitudini. Mi trovavo sulle rive del Po, a sud di Busto Arsizio, vicino quel ponte che i Romani attraversarono circa 204 000 mesi fa per conquistare le antiche risaie dei barbari, dove si produceva un riso molto particolare, un riso incontenibile, un riso anche amarognolo in certi momenti della giornata. Ero seduto sulla riva e stavo preparando la mia canna telescopica al carboidrato espanso. Avevo legato sulla punta il filo di cylon, con due piombini e un galleggiante di sughero sintetico a mò di filtro. Non ve l'ho ancora detto, io sono un pescatore solo perchè la caccia è troppo facile, e le armi non s'inceppano mai quando tutti ridono e piangono nello stesso istante. Puntai la canna verso il centro del fiume, lì dove l'acqua scorre velocemente come un'autostrada, come la Salerno Reggio Calabria a mezzanotte del 31, sempre se le condizioni meteorologiche sono buone. E poi le grandi opere sono come... così... come dire, pelose? Ma torniamo a noi, l'esca era fresca, il cielo era un velo, il vento era spento... ma che cazz sto dicendo, scusate... ritorniamo sulla riva. Ero accovacciato e assorto, e aspettavo che un pesce abboccasse all'amo, quando ad un tratto vicino al mio galleggiante si affacciò un pesce dalla bocca rossa e dallo sguardo da pesce... ovvio. Mi guardò dritto nelle pupille e mentre si apprestava ad esclamare qualcosa, lo interruppi con un grido poderoso:togliti di lì, che mi spaventi l'esca!!!! Lui rimase in silenzio e poi scoppiò in una risata barbara, la classica risata di una trota inquinata. Aspettai che finisse di ridere e gli chiesi: come ti chiami? E lui: sono il pesce cervello. Dimmi giovanotto, rivolgendosi a me(anche perchè c'ero solo io e altri due o tre spaventapasseri) sei un extracomunitario? Sinceramente mi disturbava un po' il fatto di dover dare spiegazioni e giustificarmi del mio passato ad una trota troppo arrogante, per i miei gusti odierni. Comunque gli risposi che ero un transcomunitario, e che non mi offendevo se mi scambiavano per un Italiano. Lui continuò a ridere e mentre si immergeva lo chiamai e gli dissi: Quando vedi quel salmone di tuo padre, digli che se anche provasse a risalire il Tevere, non arriverà mai a Crissolo, dove le salmonesse si accoppiano con i pescespada d'acqua dolce...(continua)...
...
... camminavo così velocemente che i miei pensieri facevano fatica a raggiungermi, così decisi dubbioso di fermarmi in un bar di periferia a bere un buon caffè, parcheggiai le mie scarpe in un posto riservato ai disabili mentali. Il bar, era il classico bar frequentato da gente di confine, persone dedite alle riflessioni più ampie e profonde. Era il bar dello sport di Katmandu scalo, un posto battuto da venti... ventuno solitudini, sparse su una superficie quadrata di coglioni dal diametro incerto. Mentre bevevo il mio caffè il barista mi guardò con due occhi di bambino ferito e una barba crudele, e mi chiese: scusi, ma lei non è il famoso poeta Dick Forrester? Io per due minuti evitai di guardargli la barba e poi risposi: no, io sono solo Forrester il solitario che di solito non parla agli estranei. Ma il barista insistette a prepararmi caffè a ripetizione, fino a che tutta l'acqua non evaporò nelle sue debolezze di barista di confine. Presi tutte le tazze di caffè e mi sedetti su un tavolo vicino alla finestra, e guardando fuori vidi un pupazzo di neve che si avvicinava all'ingresso del bar, senza che nessuno dei presenti si alzasse per aprirgli la porta. Restò lì impalato a guardarmi e poi sbottò: perchè i pupazzi di neve non li fate con le braccia??? Apri questa porta!!! Mi alzai, andai verso la porta per aprirla, ma una delle solitudini presenti mi afferrò per i capelli e mi urlò dentro il cappello: sei pazzo??? Non capisci che in questo bar non c'è l'aria condizionata, e il pupazzo potrebbe sciogliersi nei nostri bicchieri, e non abbiamo nemmeno una fettina di limone per correggerlo, lo dovremmo bere liscio come l'acqua, ma dato che è acqua acida, come la pioggia, ci avvelenerà tutti! Ma io sto bevendo caffè, risposi con tono sommerso nei miei dubbi, e nel caffè non ci va il limone! Improvvisamente dal bagno pubblico uscì il proprietario del bar con in mano una versione della bibbia scritta da un noto giornalista sportivo, mi venne incontro e mi insultò con una serie lunghissima di complimenti... accettai senza contraccambiare, non mi sembrava molto sincero, e poi il bar stava per chiudere e io non riuscivo proprio a svegliarmi, e non feci nemmeno in tempo a fare gli auguri di natale a tutti, anche perchè natale era passato ormai da due ere geologiche. Il bar chiuse... e io dormivo ancora... e non passai l'esame dell'elettroencefalogramma piatto, in quella benedetta notte in cui tutte le vacche erano nere.

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1 commenti:

  • Anonimo il 12/01/2011 08:37
    Surreale, demenziale e molto simpatico questo racconto. Un buon esordio, a mio avviso, anche se come scrittore questo non è il mio genere perchè i miei racconti sono quasi esclusivamente autobiografici e fatico pure a metterci un po' di fantasia dentro il realmente accaduto. Come lettore invece ho gradito assai. ciaociao

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