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La gatta
Si è messo anche a piovere! Entro in tutta fretta al "Carlos Primero", scontrandomi violentemente con un tizio barcollante che sta uscendo in contemporanea. Deve aver bevuto parecchio, perché finisce seduto sulla soglia senza opporre resistenza. Mi rivolge uno sguardo interrogativo, mugugnando qualcosa che non capisco. Lo aiuto a risollevarsi, mi scuso e lo rimetto in pista verso l'uscita. Mi è andata bene: non ha la sbronza cattiva! Oggi è stata proprio una giornata di merda! In ufficio tutto andava storto: mi consolo pensando che la settimana è chiusa, finalmente. Mai visto una settimana più lunga di questa! Carlos mi dà appena un'occhiata quando mi siedo sul solito sgabello al banco. Si vede che girano anche a lui. Finisce di servire un tipo grasso che non ho mai visto nel locale e mi porge un vassoio di tapas e il calice di Xeres Fino. Sa che sono un abitudinario. Trangugio un paio di tapas per togliermi la più grossa, accompagnandole con un sorso di vino, poi ne afferro un'altra e lancio un'occhiata in giro. Non c'è molta gente: conosco qualcuno, scambio qualche stanco cenno di saluto, senza entusiasmo. Non ho voglia di chiacchiere insulse, questa sera. Poi la vedo. Seduta su un divanetto un po' in disparte, davanti ad un bicchiere vuoto in cui è rimasta una fetta di limone sul fondo, tormentando la cerniera della borsetta con aria annoiata. Che splendida creatura: testa bionda, arruffata ad arte, un aderente completo grigio perla, tacchi alti ma non troppo, essendo alta di suo. Curve, e che curve, al punto giusto. Bocca rosso vino, naso alla francese, occhi da gatta. Dovete sapere che io ho una passione sfrenata per i gatti. Ho sempre vissuto con qualche gatto intorno. Attualmente tengo in casa una gatta persiana. L'ho chiamata Soraya. Non è forse il massimo dell'originalità, ne convengo, ma il nome è musicale, carezzevole. E poi chi non è stato innamorato della magnifica femmina umana che lo portava?
"Sabes quien es?" chiedo a Carlos quando mi passa a tiro. "Es la primera vez, aqui." Non c'è stato bisogno di indicargliela. Carlos, anche se non sembrerebbe dal suo sguardo sonnacchioso, segue attentamente tutto quel che succede nel suo bar. Mi piace parlare in spagnolo con lui, anche se non è granché loquace, così mi tengo in esercizio. Non si sa mai... magari un giorno mi toccherà andarmene da qui... e quale posto migliore dell' America Latina!
La guardo, lei mi guarda. Si alza con nonchalance, lisciandosi il vestito sulle cosce affusolate. Mi sale la pressione. Siede sullo sgabello accanto al mio. La pressione va a mille. Prende una delle tapas dal vassoio e la mordicchia, fissandomi. "Ti ordino del vino?" riesco a dire "Ti va lo Xeres?" "Fa tu, vedo che sei un tipo che sa scegliere." Voce bassa, profonda, di diaframma. Forse è un'attrice. Qui vicino c'è un teatro, uno di quei piccoli teatri di nicchia che danno spettacoli d'avanguardia. Non ci sono mai stato: non è il mio genere. "Fai teatro?" le chiedo, dopo averle ordinato il vino. Ride: "Che cosa te lo fa pensare?" "Hai una voce... ben impostata" Mi sento ridicolo, di solito non mi succede. "Dici che potrei?" Beve un sorso di vino."Buono! E tu cosa fai, quando non mangi tapas?" Non mi va di parlare del mio lavoro. Mi tengo sul vago: "Commercio... import, export." Di solito fa impressione, ma lei non sembra affatto impressionata. Le spingo davanti il vassoio: sceglie accuratamente un'altra tartina, queso y aceitunas. La mangia con lentezza intenzionale, sembra volermi dare modo di pensare alla prossima mossa. Vi garantisco che non sono uno sprovveduto con le donne. Eppure in quel momento mi sembra di annaspare in un mare in tempesta. Sarà forse una tempesta ormonale! Quel suo sguardo mi ha stregato. Lo so, sono luoghi comuni... la gatta, la strega... lo pensavo anch'io, prima di avercela a pochi centimetri. Le indico i bicchieri vuoti: "Un altro giro?" Mi guarda dritto negli occhi : "Ce l'hai una casa da queste parti?"
Il mio appartamento non è molto grande, praticamente un monolocale con un'alta libreria che separa la zona giorno dalla zona notte. Così almeno le ha chiamate il tizio dell'immobiliare che me lo ha affittato; in effetti si tratta di una cucina, un letto a una piazza e mezza con comodino e un armadio a muro. Dimenticavo, naturalmente c'è anche un piccolo locale da bagno. Ha però una particolarità che mi ha indotto a prenderlo in affitto: un ampio terrazzo a cui si accede dalla cucina attraverso una porta finestra. Quello è il territorio di Soraya.
"Scusami un momento, devo far rientrare la gatta." le dico, dopo aver acceso le luci. Apro la porta finestra e la chiamo: "Vieni Soraya, ti presento un'amica!" La ragazza storce lievemente la bocca e mi guarda con un'aria di compatimento. Mi sento ridicolo per non essere riuscito a reprimere l'abitudine di parlare a voce alta con la mia gatta. Lo faccio ogni sera, rientrando a casa. Sono sicuro che Soraya mi capisca, persino approvi o disapprovi i fatti che le racconto. Entra con aria guardinga, come fa ogni volta che arriva una ospite. Con gli uomini no: se non è gelosia questa! La prendo in braccio, per tranquillizzarla che il mio favore va a lei soltanto. Occupato come sono a rabbonire Soraya, non mi accorgo che la ragazza ha preso un coltello dalla rastrelliera.
"Due gatte sotto lo stesso tetto non possono convivere, lo dice anche il proverbio!"
Veramente non conosco quel proverbio, comunque prendo la cosa sullo scherzo ed emetto una risatina idiota: "Non l'ho mai sentito!" poi, più serio: "Sarebbe meglio posare quel coltello, è molto affilato!"
Lei viene verso di me e me lo porge, con la punta rivolta verso la gatta.
"Uccidila, se vuoi che venga a letto con te!"
Fisso stralunato la ragazza per alcuni istanti, poi la gatta, che mi sta a sua volta guardando con i suoi intensi occhi arancio. Giurerei che sta capendo tutto.
Cerco di agire con la maggiore dolcezza possibile e scosto il suo braccio armato verso il basso.
"Neanche per sogno! Tu mi piaci, e molto. Ma non scambierei mai la vita della mia gatta con una scopata!"
Ride e appoggia il coltello sul tavolo di cucina: "Ti dispiace se prima faccio una doccia?"
"Accomodati, intanto preparo qualcosa da bere." Fiuuu... che sospiro di sollievo!
Mi sveglio quando un raggio di sole più intraprendente degli altri mi colpisce in volto all'altezza degli occhi. Allungo una mano in cerca di carne soda e calda, ma trovo solo il lenzuolo freddo. Mi rimetto i pantaloni del pigiama, che ho ritrovato sotto il comodino. C'è stato un certo trambusto, stanotte! Ho voglia di lei e di un caffè, nell'ordine con cui l'ho detto. Fischiettando sommessamente oltrepasso la libreria di separazione tra le due zone. In cucina mi blocco di colpo, inorridito alla vista del coltello dalla lama insanguinata che spicca al centro del tavolo. Spalanco con forza la porta del bagno, facendola sbattere contro il muro. Vuoto! Sparita! Allora non scherzava... l'ha fatto veramente! Perché tanta ferocia! Inebetito prendo in mano quel maledetto coltello e lo scaglio nell'acquaio. Il risultato è una lunga rigatura sull'acciaio del lavello. Una furia rossa mi sale al cervello. Non riesco a comprendere. Un raspare alla porta finestra mi risveglia dall'incubo. Apro, entra Soraya, mi si struscia contro una gamba come fa tutte le mattine per salutarmi. Scaldo una dose abbondante di caffè e lo correggo con un'altrettanta abbondante dose di brandy. Mi ci vuole proprio! Ora mi sento più calmo. Me ne sto seduto al tavolo con Soraya sulle ginocchia che ronfa in sordina, fumando la prima Marlboro della giornata. Riavvolgo mentalmente il film dei fatti recenti. Il sangue! Quel sangue sul coltello, da dove viene? Ispirazione! Apro il frigo: trovo vuoto il contenitore dove c'era il fegato crudo per il pasto di Soraya. E anche perfettamente lavato. Il tagliere di cucina è al suo posto, altrettanto pulito. Stamattina presto ha dato da mangiare alla gatta, tagliuzzandole il fegato. Che stronzata però lasciare il coltello insanguinato sul tavolo, in bella vista! Strano senso dell'umorismo... e se fossi stato debole di cuore?
Si aspetta golosamente il sabato, poi ci si scazza davanti alla TV, o al cinema, oppure in giri a vuoto nei locali della zona in cerca di qualcuno o qualcuna con cui valga la pena di intrattenersi e possibilmente scopare. (L'ultima parte vale solo per la qualcuna, naturalmente!). Verso sera, chissà come, chissà perché (come si vede che so mentire anche a me stesso!) mi ritrovo ad entrare al "Carlos Primero". Sono già mezzo cotto, il giro è stato più lungo del previsto. Strabuzzo gli occhi nella semioscurità del locale. C'è un vociare confuso: molta gente stasera. Conchita, la ragazza di Carlos, si barcamena tra i tavoli con le consumazioni. Ammiro per un momento il suo culo fantastico, ma solo per un momento: a Carlos la cosa potrebbe non piacere. Mi avvicino al banco. Sta servendo da bere a due tizi che conosco di vista. Mi fa un cenno col capo verso i separè. Tuffo al cuore: forse le cose si stanno mettendo nel verso giusto. Sul tavolino davanti a lei un grande vassoio di tapas e due bicchieri di liquido ambrato. "Quest'oggi l'ho ordinato ammontillado. Ti va?" "Vedo che sei una tipa che sa scegliere!" Non molto originale, come risposta, ma lei sorride lo stesso. È bellissima, ma io in questo momento non sono un giudice imparziale. La perdono immediatamente per lo scherzetto del coltello di stamattina. Mentre con vorace accanimento ci spolveriamo il vassoio di tartine non parliamo affatto della questione, anzi, non parliamo e basta. Adoro le donne che non turbano il piacere di assaporare cibi deliziosi con inutili ciance. Tra una tapas e un sorso di Xeres mi limito a guardare quegli occhi straordinari. Lei guarda verso di me, ma non credo che l'effetto sia minimamente lo stesso. No, non è che mi sottovaluti, so di avere ben altri punti di forza.
"Andiamo a casa?" dico io. "Aspettami un momento" dice lei. Si alza. Andrà in bagno, penso, fanno sempre tutte così. Invece si avvia verso la porta che dà sul ripostiglio del bar, dove Carlos tiene le sue meraviglie liquide. Se ne esce con in mano un bauletto per il trasporto degli animali. Sto chinandomi per vederci dentro; lei mi trattiene con un gesto: "Dopo te lo faccio conoscere."
Giro la chiave del portoncino, accendo le luci, apro la porta finestra per fare entrare Soraya. Mi pare che la gatta stasera non ostenti la solita signorilità da gran dama: pare eccitata. La ragazza sta trafficando con la chiusura dello sportello: posa il bauletto sul pavimento e ne fa uscire uno splendido esemplare di persiano maschio. "Vi presento Reza! Veramente si chiamava Albert, ma l'ho ribattezzato oggi." Gli do una leggera grattatina sulla testa: "Benvenuto a casa mia, Reza!" Probabilmente non si è ancora abituato al nuovo nome o, ancor più probabilmente, non gliene frega niente del sottoscritto, occupato com'è a fiutarsi reciprocamente con Soraya.
"Doccia?" dico io. "Doccia?" dice lei.
È stato un po' faticoso, in quel piccolo bagno. Domattina devo ricordarmi di chiamare per prima cosa l'agenzia immobiliare. Ho assolutamente bisogno di un appartamento più grande. Sempre con ampio terrazzo, naturalmente!
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0 recensioni:
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- testo che cattura, davvero ben scritto!!
- Condivido con Vincenzo Corbo!
Un piacere rileggerti e ritrovarti!! 1
- Niente male questo racconto, chissà perchè i commentatori non si pronunciano con le cose più eleganti e carine...

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