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La tavola calda nei pressi dell'ufficio

Mi ero organizzato abbastanza bene. Riuscivo, seppur tornando tardi a casa la sera, a prepararmi qualcosa di decente per la cena. Considerando che il pranzo lo facevo comunque fuori casa, in uno di quei numerosi bar che negli anni '80 erano sorti a grappoli attorno agli uffici, palazzi che erano veri e propri termitai di impiegati. Quei bar che proponevano tutti, indistintamente, le stesse pietanze. I primi piatti, erano esclusivamente "farfalle" o "fusilli", tipi di pasta che non avevo mai sopportato, trovandole prive di personalità, ma, indubbiamente, paste che mantenevano in modo decente la cottura, evitando così di trovarsi davanti ad un piatto di pasta informe e "spalmabile" su una fetta di pane. Per secondo l'offerta che andava per la maggiore era arrosto di... anonima carne, oppure salsiccia oppure petto di pollo ai ferri, su richiesta e con supplemento di prezzo. Il venerdì, che era di magro, si poteva trovare baccalà in umido, filetti di merluzzo, anonimi come l'arrosto. Quel che non mancava mai era la scamorza ai ferri, quello era un classico evergreen, che risolveva, spesso, il problema di coloro che arrivavano tardi al bar, quando le pietanze erano già esaurite. Eh, si, perché c'era anche questa possibilità! Così, i più "furbi", che poi erano quelli che proprio grazie alla loro furbizia riuscivano anche ad aggirare nel migliore dei modi i loro doveri lavorativi, erano sempre in prima fila al momento dello scoccare dell'ora buona per "strisciare" il badge, atto dovuto per far aprire il tornello, e scaraventarsi in strada per la pausa mensa, dopodiché ... una breve corsa ed eccoli lì, tra i primi a prendere i vassoi e tutti gli accessori per mangiare, e ritirare dalle mani del ragazzo il piatto fumante senza dover essere riscaldato. E quando arrivavamo noi, meno furbi, che ci si metteva in fila allungando gli occhi per cercare, magari oggi, una qualche novità culinaria, facevano del tutto per incrociare i nostri sguardi e salutarci con quello che, cercando di essere un sorriso, appariva come un ghigno a mezza via tra l'ebete e il soddisfatto.

Beh, insomma, a parte queste difficoltà, superate in qualche modo, il dover mangiare in posti di un certo squallore tutti i giorni, mi facevano apprezzare l'intimità, sebbene solitaria, della mia casetta, almeno per la cena.

Ma quella sera fu un'eccezione. Quella sera non avevo proprio voglia di andare a casa, erano già le nove "vespertine", e l'idea di farmi compagnia con la radio, cucinando chissà cosa, non mi allettava proprio. Certo, l'alternativa... una pizza solitaria? No, no, non va bene, magari una tavola calda, ecco, mi prendo due supplì un po' di birra e via, poi se ne riparla domani. E poi, proprio lì vicino, in via Alessandria, c'è quel locale sempre pieno di gente all'ora di pranzo. Meglio prendere qualcosa lì e poi a nanna, a goderci un po' il lettone.
Faceva indubbiamente freddo, e la porta del locale era serrata. Prendo la maniglia, la giro e... niente. Sembra chiuso. Riprovo con più forza e, nello stesso momento, una mano dalla parte opposta mi aiuta ad aprire e mi invita ad entrare. L'uomo, magro, direi segaligno, età difficile da intuire (potrebbe portarsi male pochi anni oppure esattamente il contrario), sicuramente l'aspetto era di persona che nella vita deve aver lavorato, e molto. Mi colpisce il baffo, che non riesce a coprire del tutto un simpatico sorriso, capelli biancheggianti e decisamente anarchici, grembiule bianco con la pubblicità di un salume indossato sopra ad una camicia di cotone a piccoli quadri. Il colore predominante è il verde, ma non è certo il solo, e le maniche, le maniche meticolosamente arrotolate a coprire a malapena i gomiti.

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l'autore mario rossi ha riportato queste note sull'opera

Ho avuto la fortuna di vivere realmente i momenti raccontati. I tempi verbali non sono "perfetti" ma volutamente li ho lasciati, per dare una maggiore spontaneità alle parole... mi piace così ...


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3 commenti:

  • mario rossi il 20/07/2011 07:12
    Grazie Bianca... commento commovente, come il ricordo di quella serata.
  • Bianca Moretti il 20/07/2011 00:02
    Molto bello il tuo racconto. Intenso, particolareggiato e soprattutto significativo. Trattandosi di un vissuto personale, quindi autobiografico, mi convinco sempre più di quanto la realtà superi spesso la fantasia e che certi "miracoli" possono accadere davvero, quando e dove meno te l'aspetti. Vite a contatto che in pochi attimi racchiudono quasi il senso di una vita intera, che lasciano il segno più dei mille e mille giorni vissuti e portati avanti quotidianamente solo per forza d'inerzia e d'abitudine, che niente hanno del sapore di una vita realmente esperita. Alcuni punti sono da incorniciare per la bellezza, la forza e la carica emozionale che le parole trasmettono, mettendo a nudo un animo sensibile e delicato come il tuo. Stra-bravo!
  • words_and_thinks il 05/02/2011 15:36