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Un cupo viaggio in autostrada
Un uomo e una donna entrano ed escono da un portone in Borgo Giannotti, poco fuori dalle mura di Lucca, la città impreziosita da un tuttora intatto nucleo medioevale. Assorti e silenziosi, i due raggiungono a turno la Lancia Ipsilon grigio metallizzata parcheggiata sotto casa. Depositano per terra borse e valigie e subito risalgono a prendere altri bagagli.
Lui si dimostra sulla sessantina e lei un sette otto anni più giovane. Sono marito e moglie, entrambi sul metro e settanta di statura, magri e assai scavati in viso, l'uno pallido, occhialuto e con pochi ciuffi grigi e desolati sulla testa, l'altra fresca di lampada abbronzante e parrucchiere. I coniugi sono scuri in volto e paiono più intenti ad una spiacevole incombenza che agli ultimi preparativi prima di partire per le vacanze estive, destinazione dolomiti.
Le operazioni proseguono per almeno una decina di minuti, causando qualche intralcio alla circolazione pedonale e, siccome con l'avvicinarsi del mezzogiorno il sole picchia duro, a furia di salire per poi ridiscendere carichi, i due si ritrovano ben presto in un bagno di sudore.
Giunto finalmente al termine dell'ultimo viaggio, l'uomo si ferma dinanzi all'auto, apre il bagagliaio e resta a lungo a fissarlo con aria meditabonda.
"Ora voglio proprio vedere dove infiliamo tutta la roba che quella si è voluta portare dietro." Sbotta infine, accentuando la parola quella.
Prende quindi a maneggiare la marea di fagotti sparsi tutto intorno, passandoli da terra al portabauli o al sedile posteriore e viceversa, spingendoli e comprimendoli mentre almanacca a mezza voce.
Poco dopo la moglie appare tenendo in mano un'ultima leggera borsetta.
"Con questo mi pare d'aver preso tutto. Intanto che tu sistemi le valigie faccio un salto alla Locanda Speck e Popone a mettere qualcosa sotto i denti e t'aspetto lì, va bene?" Dice la donna, con tipica intonazione toscana e aspirando buona parte delle c.
"Scherzi? Ti sei alzata alle 10 passate, s'è già fatto tardissimo e ancora vuoi fermarti a mangiare?"
"Io senza neanche la colazione nello stomaco non vado da nessuna parte."
"Ma devi proprio arrivare fino in Via Dell'Anfiteatro, bischera? E poi quello è un ristorante. Perché non ci prendiamo qualcosa di veloce nel bar qui subito dopo le banche?"
"Perché non mi piace."
"Questa è buona, ma se ci siamo stati un sacco di volte e non ha niente di meno di qualsiasi altro... va beh, va beh ho capito, non fare quella faccia, m'è venuta un'idea migliore, fermiamoci tra un'oretta in autogrill, cosa ne dici?"
"Oh santo cielo, in un'autogrill no, eh, e poi com'è che c'hai sempre qualcosa da ridire, tu? L'è mai possibile che non mi devi mai fare contenta in niente?"
"Lo dico solo perché quando arriveremo sarà ora di pranzo e in certi autogrill si mangia pure bene."
"Oh, insomma, sai benissimo che a me piace così tanto mangiucchiare qualcosa di sfizioso alla locanda! E se a te non va di fare colazione nessun problema, resta pure ad aspettarmi in auto."
Il marito ricomincia ad imprecare ma lo fa silenziosamente, perché altrimenti finirebbe per iniziare le ferie con l'ennesima litigata. Si rassegna a seguirla in centro. Attenderla davanti a casa non avrebbe, infatti, alcun senso. Conoscendo la consorte fin troppo bene, è tristemente conscio di quanto a lungo potrebbe durare il suo cosiddetto mangiucchiare sfizioso. E una volta terminata la presunta colazione ma di fatto pranzo, vorrà iniziare la digestione rilassandosi una mezz'oretta prima di partire e poi ovviamente risalirà un attimo in casa per andare in bagno e insomma, tra una faccenda e l'altra è capace che si avviino a metà pomeriggio, nonostante la loro meta disti molte ore di guida. Tanto vale pasteggiare alla Locanda insieme a lei.
Termina alla bell'e meglio di caricare la Ipsilon e, a cinque minuti di distanza dalla consorte, si avvia verso il centro di Lucca. Supera la cinta muraria attraverso la vicina Porta S. Maria, quindi svolta per l'antica, angusta e fascinosa Via Fillungo. Non sono ancora partiti e già si sente mentalmente spossato. Da un po' di anni si tratta peraltro di una sensazione costante.
Intanto la moglie si è già infilata con passo spedito nel locale e si è accomodata al primo tavolo libero. È immersa nella lettura del menù, palesando buon umore e indifferenza, ma è risentita e offesa. Quel dannato uomo si mostra sempre così critico nei suoi confronti! Pare incapace di comprenderne la sofferenza e il bisogno di distrarsi e non gli è mai d'aiuto. Lo sente sempre più estraneo.
Conoscendo ormai a menadito l'offerta della casa, sceglie il piatto in fretta, ma prima di ordinare preferisce attendere il coniuge, certa che pur dopo tanto brontolare non tarderà. Ed eccolo arrivare, infatti, con l'aria mogia da cane bastonato. Ne conosce però troppo bene il carattere per non accorgersi di quanto il risentimento gli stia montando. Ma s'arrabbi pure, se vuole - le viene da pensare - faccia pure il muso, si auto castighi, tanto prima o poi gli dovrà pur passare, no? Per intanto, appena il marito si siede gli piazza il menù sotto il naso e poco dopo chiama il cameriere per l'ordinazione. Cibo e vino a volontà per annegare le frustrazioni di entrambi.
Qualche minuto dopo essere stata servita, ode un'allegra voce giovanile rivolgerle un saluto. Alza lo sguardo e riconosce Filippo Pardini, un amico dei figli al tempo della loro adolescenza. Vedendolo viene avvolta, come sempre le accade, da un velo di malinconia, ma non volendo fargli pesare i vecchi e spiacevoli ricordi si sforza di restituire il saluto con serenità e s'informa sulla sua salute.
Un camionista ungherese guida spedito verso l'imbocco dell'Autofiori. Si sente stanco ed infiacchito e non è una novità. Gli accade da diverse settimane e ne ignora il motivo. Che sia il primo sintomo di una malattia? O forse, semplicemente, comincia a invecchiare e non riesce più a reggere gli abituali carichi di lavoro? È appena uscito da uno dei suoi ristorantini preferiti. Quando si trova a passare da quelle parti vi si ferma sempre. Stavolta però non si sente troppo bene. Gli sfugge uno sbadiglio, accompagnato da un lieve senso di nausea e poi gli viene da ruttare. E pensare che un tempo digeriva perfino i sassi. Sospira. L'attende ancora una lunghissima cavalcata fino a casa. Per fortuna ha poco carico e può guadagnar tempo tenendo una buona velocità.
Alcune ore dopo si ferma a fare il pieno e ne approfitta per sgranchirsi le gambe. Ora si sente meglio, ma deve oggettivamente ammettere di non attraversare una delle sue giornate migliori. Mentre si appresta a rientrare sul nastro asfaltato vede passare un'autotreno con una di quelle vecchie targhe gialle francesi. Non fa in tempo a leggerne la targa, ma riconosce il grande adesivo applicato sul retro, raffigurante un dragone verde. Quello stesso tir giorni addietro gli ha creato problemi. Avrebbe una gran voglia di pareggiare i conti.
Accelerando al massimo gli occorrono una ventina di minuti per agguantarlo. Infine lo supera strombazzando e rivolge un saluto ironico al collega. Passandogli davanti ne vede il volto incupirsi per la bile e sorride tra sé, soddisfatto. Il furbacchione evidentemente non se l'era aspettato.
Gettando poi lo sguardo nello specchietto retrovisore verifica, come peraltro si aspettava, di avere il tir francese ancora attaccato alle costole e siccome non vuole fare brutte figure oppone resistenza al sorpasso, spingendo il mezzo allo spasimo, almeno fino a quando alcuni automobilisti rompipalle non lo inducono a soprassedere. Tuttavia non ha nessuna intenzione di mollare. Resterà incollato al sedere del galletto e alla fine gli farà mangiare un bel po' di polvere, garantito.
Alla lunga i due vacanzieri toscani diretti sulle dolomiti hanno litigato apertamente. L'uomo si è sforzato a lungo di evitarlo, salvo poi esplodere per una fesseria qualsiasi.
Da ore la Ipsilon fila con monotonia lungo il nastro asfaltato e tutto attorno il panorama autostradale scorre piatto. La donna volge alternativamente lo sguardo su entrambi i lati della carreggiata, sempre più annoiata.
Dopo essersi lasciati alle spalle le ridenti colline lucchesi ed essere entrati in Val Padana, per chilometri e chilometri e ancora chilometri ha visto scorrere soltanto tetri capannoni industriali innalzati in mezzo al niente, sparuti gruppetti di case che definire paesi è un eufemismo oppure occasionali fattorie site in vasti campi coltivati circondati da striminziti filari di alberi. E come uniche misere novità l'attraversamento dei ponti che periodicamente scavalcano un qualche affluente del Po. La pianura Padana: la desolazione fatta luogo. La monotonia è parsa spezzarsi quando hanno attraversato la periferia di Piacenza, con le sue fabbriche possenti e i suoi palazzoni, ma si è trattato di un fenomeno passeggero, seguito da un rapido ritorno all'uniformità. Lontano all'orizzonte sono poi apparse le prime montagne, eppure il paesaggio è rimasto di fatto identico, come se la piana risucchiasse al suo interno il mondo intero e i monti sprofondassero nel terreno via via che si avvicinavano.
Perfino il sole, già relativamente basso alla loro sinistra, in quel piattume generale pare non dover tramontare mai e va trasformandosi con estenuante lentezza in un enorme e impressionante palla arancione. Non sembra neppur più una stella ma, semmai, un secondo gassoso pianeta Giove giganteggiante all'orizzonte e di cui la Terra sia divenuta satellite.
La calura a bordo è opprimente, perché l'aria condizionata non funziona a dovere e se aprissero i finestrini riverserebbero il caos esterno all'interno dell'abitacolo. Viaggiano più o meno fissi intorno ai cento centodieci orari, la massima velocità possibile nell'intenso, rumoroso e pestilenziale traffico autostradale tardo pomeridiano.
Lei non sa più come vincere la noia. Di sicuro non l'aiutano la fusion e l'ambient, generi musicali tanto amati da suo marito quanto detestati da lei e che da ore invadono l'abitacolo e le ottundono l'udito con le loro nenie tediose e soporifere. Peraltro è la musica in generale a non interessarla.
Più il tempo passa e più si ripete fino alla nausea quanto è stata stupida a non capire in tempo come loro due fossero diversi in tutto, senza neppure un interesse in comune. Non erano mai stati fatti l'una per l'altro. Se almeno avesse avuto il coraggio di andarsene quando era più giovane. Dopo tutto non avrebbe rischiato la fame, no? Lui avrebbe ben dovuto concederle gli alimenti. Ma se pur sapendolo non ha mai fatto nulla, ciò è accaduto perché in fondo è una debole, eternamente indecisa e incapace di compiere il grande passo, al punto da tagliare il traguardo delle nozze d'argento nonostante il clima plumbeo.
D'altronde aveva un figlio a cui pensare. Ora questi è diventato grande e probabilmente non avrebbe più troppa importanza, ma fino a non molto tempo prima i problemi psichici del ragazzo si sarebbero di certo aggravati, in caso di divorzio dei genitori.
Sono infelici, ma non è sempre stato così. I primi anni di matrimonio la vita gli era sembrata meravigliosa e solo in seguito sono iniziate le incrinature. Come spesso accade, senza che se ne rendessero conto il loro rapporto si è deteriorato poco alla volta a partire forse già da una ventina d'anni prima, passando anche attraverso alcuni tradimenti, peraltro sempre di breve durata. Tuttavia il vero, definitivo punto di rottura ha una data ben precisa, parecchio successiva all'inizio della crisi. Un evento tragico a causa del quale si portano entrambi dentro un dolore inestinguibile, ben nascosto nel profondo dell'anima eppure sempre presente.
Hanno avuto due gemelli identici, ma uno è perito in un incidente stradale dai risvolti poco chiari, travolto con un cuginetto e un amico in aperta campagna da un pirata della strada. Dopo l'incidente il gemello superstite, presente alla strage e spezzato da terribili e forse giustificati sensi di colpa, è stato colto da gravi turbe e a distanza di tanti anni si trova ancora in cura presso uno psicoterapeuta. E da quella tragica notte nemmeno la vita dei coniugi è stata più la stessa. I nodi sono venuti al pettine e il loro matrimonio, già seriamente incrinato, è morto insieme ai tre ragazzi.
Per parte sua il marito guida silenzioso e di cattivo umore. Nei confronti della coniuge è colmo di un astio profondo, accumulatosi nel tempo. Di solito tiene a freno tale ostilità, ma periodicamente gli emerge virulenta, come è appunto accaduto quel giorno. Nel corso del pomeriggio le avrà rivolto sì e no tre frasi a muso duro e solo quando strettamente necessario e a una di queste domande, una richiesta di consultare la cartina per poi fornire un parere sulla strada più conveniente da prendere, lei ha pure risposto in malo modo. Un comportamento imprudente, perché ha contribuito a renderlo ancor più taciturno di quanto già non fosse e a fargli erroneamente scegliere il percorso più lungo, almeno a sentir lui.
Piuttosto che sopportare ancora l'opprimente silenzio, ora la donna accoglierebbe volentieri perfino una sequela di insulti. Ogni qualche minuto gli rivolge un occhiata indispettita, ma non c'è niente da fare, l'uomo tiene lo sguardo fisso sulla strada senza mai cambiare espressione.
Le sue palpebre sono riverse sopra le pupille come due saracinesche, lasciando aperto appena uno spiraglio. Sembrerebbe una statua di cera, sennonché di tanto in tanto leva una mano dal volante e se la passa sulla fronte per tergersi il sudore. Inoltre muove quasi impercettibilmente le labbra come se stesse recitando il rosario. Di certo almanacca ancora tra sé e sé qualche imprecazione.
Quando si arrabbia sul serio, ha sfuriate brevissime ma poi porta rancore a lungo, tenendo il muso a volte perfino per giorni, senza neppure rivolgerle la parola, mentre per natura lei, dopo essersi sfogata, dimentica subito tutto e poi soffre intensamente la lugubre indifferenza del compagno.
Per l'ennesima volta la donna osserva il coniuge intento ai suoi impercettibili movimenti delle labbra e ne ricava l'inequivocabile conferma di come nulla dal suo punto di vista sia mutato. Ed essendosi arrabbiato in maniera profonda proprio al momento di partire per le ferie, la vacanza ormai è rovinata. In hotel tutti si accorgeranno che non si rivolgono la parola. Parecchi clienti sono frequentatori abituali dell'albergo e con alcuni hanno fatto amicizia durante i tre precedenti anni di permanenza. Nel corso dell'ultimo inverno hanno perfino mantenuto contatti con un paio di famiglie e adesso con gli amici faranno proprio una figuraccia. Se almeno sapesse quali pensieri gli si stanno formulando nella testa.
In effetti non si tratta di pensieri molto coerenti. L'uomo comincia a sentirsi stanco delle lunghe ore di guida, eppure rimugina ancora confusamente sugli accadimenti della giornata. Sono tutte quisquilie e in fondo al cuore lo sa, ma nella sua mente tali inezie ingigantiscono a dismisura. Riversa su di lei tutto il rancore, maledicendola e ripetendosi di continuo quanto gli ha rovinato la vita. È una litania silenziosa ma ininterrotta e occorre veramente aver accumulato un magone e una rabbia atavici per tirare avanti per ore a quella maniera, senza interruzioni.
E appena sotto all'irosa superficie galleggia, semi sommersa come un iceberg, la responsabilità principale di cui la incolpa, mai espressa apertamente eppure sempre palese: il non essere stata sufficientemente attenta, lei che era molto più presente in casa del marito, a quanto combinavano i figli.
In effetti la voglia di trascorrere quei dieci giorni di ferie gli è passata. Ama la montagna, ma al pensiero di restarvi in compagnia della moglie gli viene quasi da uscire al primo casello e tornarsene a casa. Perché poi non si è mai deciso a chiedere la separazione non lo sa neppure lui. Per abitudine a quel tipo di esistenza, forse. Dopo avere condiviso la propria vita con una stessa donna per quattro più ventisei anni, non riesce neppure a immaginarsi di restare solo.
Nel mentre il camionista ungherese sta ancora a ruota del francese, filando a tutta birra e masticando amaro, fino a quando non sopporta più e d'impulso s'immette di nuovo sulla corsia di sorpasso, senza neppure fare attenzione a quanto accade alle sue spalle, giurando a sé stesso che gli si piazzerà davanti e stavolta costi quel che costi non si lascerà più sorpassare.
Frattanto la donna è tornata a guardare fuori del finestrino, anche se la sua mente è altrove e non pone la minima attenzione a quanto vede. Poco per volta la meta si avvicina e, infatti, verso nord i monti cominciano finalmente a prendere una forma più distinta. Tuttavia avrebbero oramai già dovuto trovarsi a destinazione. E va bene, deve riconoscerlo: a inizio mattinata ha inutilmente perso tempo e poi, siccome gli scontati rimbrotti del marito l'hanno parecchio urtata, ha preso a gingillarsi oltre il dovuto per il puro piacere di fargli un dispetto, senza ragionare sulle conseguenze. Dunque è a causa sua e dei suoi stupidi capricci se hanno finito per tardare la partenza a dismisura. A quell'ora avrebbero potuto trovarsi piacevolmente sistemati in albergo, pronti a gustare la cena e, invece, sono ancora in viaggio e quando finalmente arriveranno il ristorante con ogni probabilità sarà chiuso da un pezzo.
Ok, suo marito ha ragione, ma la soddisfazione di dargliela vinta e chiedergli scusa non gliela concederà mai. Meglio morire, piuttosto. Sente per l'ennesima volta affiorarle le lacrime agli occhi, ma si sforza di ricacciarle indietro. Non gli darà neppure la soddisfazione di vederla piangere. E poi, volendo, avrebbe mille colpe da rinfacciargli. Dio, come lo odia. Se almeno il suo bambino... no, via quel tragico ricordo dalla mente.
A quel punto delle sue tristi meditazioni la donna rivolge di nuovo lo sguardo al traffico stradale. Sul momento le pare tutto normale, poi però registra il movimento anomalo di un pesante autoarticolato che all'improvviso esce scodando dalla corsia di marcia per immettersi in quella di sorpasso, ignorando bellamente il loro sopraggiungere a tutta velocità.
A tutta velocità? La sua reazione si comprime nell'arco di uno o due secondi, non di più. Dapprima attraverso una subitanea riflessione irritata, traducibile all'incirca così:
"Accidenti, ma proprio adesso gli deve girare di correre, con 'sto traffico?" Poi, siccome l'auto non accenna alla minima frenata, quasi in contemporanea si volta verso il marito e gli vede la testa piegarsi in avanti e sussultare leggermente.
"Cristo, un colpo di sonno." Questo è il suo pensiero successivo, mentre retro e ruote posteriori dell'autoarticolato si fanno spaventosamente vicine e la loro auto tende in maniera appena percettibile a deviare verso destra.
"Giovanni, attento al Camion!"
In attesa delle forze dell'ordine, sul luogo dell'incidente si è formato un capannello di curiosi. Qualcuno si è subito prodigato per soccorrere i feriti. Altri, la grande maggioranza, assistono allo spettacolo, sconvolti oppure affascinati. E intanto scattano foto, girano video, chiacchierano, commentano. Perfino nell'altra direzione di marcia in tanti rallentano o accostano curiosi.
Nell'incidente sono rimasti coinvolti una mezza dozzina di veicoli. Quello più malmesso è una Lancia Ipsilon grigio metallizzata targata Lucca. La Lancia è finita sotto la coda di un Tir e ci è piombata dentro a tale velocità da incastrarsi sotto le sue ruote.
Tutti i presenti hanno immediatamente compreso che i suoi occupanti sono morti. Non potrebbe essere altrimenti, perché l'intera metà anteriore appare compressa come una lattina di birra svuotata, posata sul pavimento e schiacciata sotto il tacco d'una scarpa. Chiunque si fosse trovato all'interno deve essere stato maciullato.
Osservando la situazione anche il camionista ne è stato subito cosciente. Sapendo di avere una seria corresponsabilità in quanto è accaduto, la sua prima reazione è stata di guardarsi freneticamente intorno come a voler cercare una via di fuga. Quindi ha fissato per un lungo intenso istante gli ingenti danni causati al suo bestione, quasi che con la sola forza del pensiero avesse potuto rimetterlo in sesto e ripartire. Infine si è lasciato cadere pesantemente a terra, impotente e infelice e adesso si trova ancora seduto immobile nel medesimo punto.
Intanto il giovane Filippo Pardini osserva la scena insieme a tutti gli altri, ma da una certa distanza. Ha ormai perso interesse per la tragedia e getta in continuazione lo sguardo sul proprio orologio, scocciato. Stava raggiungendo gli amici in campeggio in montagna, ma chissà quando arriverà a destinazione, ora. Questi deficienti proprio stasera si dovevano andare a schiantare, accidenti, brontola tra sé, senza immaginare di conoscere le due vittime e attendendo con impazienza che qualcuno liberi la carreggiata, permettendogli così di riprendere il viaggio.
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