Evitare di scrivere un racconto in seconda persona. È da pazzi o da geni o da santi.
E infatti questo non è un racconto, e tu non sei pazza, genio o santa.
Sei salva, però, e solo questo conta.
A conti fatti. Alla resa dei conti. Per quello che conta.
Potevi non essere più, in senso assoluto o metaforico o per il normale buon senso o per il comune senso del pudore.
E invece sei ancora, in tutti i sensi.
Hai ripreso in mano la tua vita cambiandone il senso di marcia.
Sei libera. Sei salva.
E stai per partire.
Partire è un po' morire, ma non per te.
Non per te che sei stata mollata per telefono. Per telefono, dopo dieci anni.
Dopo migliaia di camicie stirate, dopo migliaia di umiliazioni subite, dopo migliaia di euro prestati per realizzare sogni non tuoi. Euro non restituiti, una causa di merda in corso, una troia che dorme nel letto scelto da te, che guarda il mondo attraverso tendine scelte da te, cucite da te con tutto l'amore con cui stavi preparando il nido, il vostro nido, tuo e di quell'essere da niente che pensavi fosse il tuo uomo.
Stai per partire.
Da quale recesso dell'animo ti è uscita l'idea del Brasile?
Non l'avevi mai pensato, mai nominato e adesso sai tutto, storia, cultura, lingua.
Ti sei innamorata del portoghese, della sua musicalità che mai avresti immaginato, della sua dolcezza mai sospettata.
E danzi ritmi che sprigionano energia. La tua energia, ritrovata, e l'energia del sesso allo stato puro, che è energia vitale, e libertà, e salvezza.
Quanto tempo è trascorso da quando credevi che non saresti mai più uscita dalla tristezza? Da quando le interferenze del passato sono svanite?
Solo i pazzi o i geni e talvolta i santi scrivono racconti in seconda persona.
E infatti questo non è un racconto, è la realtà.
La nebbia della tua vita si è dissolta. Ti sei guardata allo specchio a fronte alta, senza rimorsi, e hai capito cosa è veramente importante.
Sei salva.