La prima volta che la vidi, dopo la mia confessione, rimasi sorpreso come può rimanere sorpreso chi riceve una coltellata alle spalle. Fu il dolore prima e l’ira poi, che se avessi avuto qualche cosa da prendere deliziosamente a calci, sarebbe diventata polvere in meno di 10 secondi, con un soffio poi l’avrei fatta sparire dalla mia vista disperdendola nell’aria.
Ma non fu così e quest’ira mi si consumò dentro non trovando alcun varco alle sue pressioni, simile a un maledetto cancro, dal nulla giunto per il nulla ricreare. Una sensazione di orribile rassegnazione, di cognizione troppo chiara, una sensazione latente per anni che ho sempre voluto ritardare.
Così la seconda volta che la vidi sul mio volto si disegnò un sorriso di condanna, ma non certo verso di lei, ma nei confronti di un Chi, che potrebbe essere identificato con la mia sfortuna e che per ora non sembra darmi pace. Tutto lasciava intendere un ritorno alla sensazione precedentemente descritta e della quale avrei volentieri fatto a meno (retrattile)... ma dovetti ricredermi poiché reagii con una impassibilità che forse ho sempre desiderato ma che in realtà non mi appartiene. Non successe proprio niente: un paio di inutili dialoghi, per lo più di scarso interesse, una mediocre velatura della realtà (sembrava non fosse mai successo niente) ma soprattutto nessun tipo di tristezza a bussare alla porta del cuore chiedendo impietosamente asilo. Sostenendo da sempre che la felicità può arrivare solo se si riesce a raggiungere un atteggiamento impassibile e freddo di fronte a ciò che ci fa soffrire, ma non riuscendo mai a metterlo in pratica, adesso mi pare un passo in avanti poter affermare di essere in grado di distaccarmi dal passato, di radere al suolo ogni ricordo doloroso e naufrago senza meta e completamente insostenibile nella sua durata ormai troppo lunga e nella sua caducità prossima.
Si! Mi sembra un passo in avanti... e 100 indietro! Perché un uomo che dimentica e che raggiunge una freddezza così simile alla morte, è appunto un uomo che muore, così come un uomo avvinghiato al ricordo è un uomo che brucia il suo presente. E io sono nel mezzo di queste due icone, perché anche se desidero staccarmi dai ricordi poco felici (eufemismo) non raggiungerò mai quel senso di stoica indifferenza che rende gli uomini macchine, e continuerò a scrivere del nulla e a desiderare colei che infine non è nient’altro che un’immagine senza sostanza, l’emblema di ciò che non ho raggiunto, la voragine interiore della mia adolescenza, il verso mai scritto, la nota sognata… quella mai suonata.