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La malattia invisibile
Non possiamo essere realmente artefici del nostro destino. Molte volte il caso distrugge piani ed obbiettivi, o in altri, aiuta . Anche questo c è nella storia di Ester e Muhamad. Lei sapeva di essere sua figlia ma lui non ne ebbe mai la certezza.
Ester viveva una vita normale, nell'Europa occidentale, studiava all'università , usciva con le amiche, aveva avuto storie d'amore ed un altrettanto amorevole madre. Ma ad Ester mancava qualcosa, la figura paterna quella a cui tanto sono le legate le figlie. Si sentiva in disagio vedendo i padri degli altri oppure due genitori assieme, la madre non volle risposarsi credendo di dare un dispiacere, ma quando non c è dialogo si finisce per illudere o deludere l'altro. Non lo fece mai presente alla madre pensando di farla soffrire, e ne la madre volle mai indurla a farlo. Un tempo l'ignoranza nelle zone più sottosviluppate, rendeva ingenue anche le giovani ragazze, fu così che la madre di Ester che vedendo un ragazzo muscoloso, grande, di un colorito mulatto, affascinante, non seppe resistere e cedette alle sue insistenti richieste pur non capendo bene cosa dicesse. Pur essendo rimasta sola, incinta senza veri punti di riferimento, non si pentì mai di quello che fece, il dolore e il dispiacere provato in quel momento le fu ricompensato con l'amore e le soddisfazioni che le diede in seguito la figlia. Ester era sempre stata una ragazza studiosa, brava, obbediente non diede mai problemi alla madre,- ma per questo volta-pensò -non farà nulla. Infatti aveva da tempo intenzione di fare presente al genitore il bisogno di trovare suo padre. Conoscere anche la parte maschile delle sue origini. Glielo disse un giorno in cucina, mentre stavano per pranzare assieme, la madre guardo un attimo il suo piatto mosse le labbra verso l'interno della bocca se fosse adirata, Ester per un attimo si pentì di averglielo chiesto, ma poi dopo la sollecitazione della figlia sorrise, rendendosi conto che questo momento sarebbe dovuto arrivare. Le sconsigliò comunque di cercarlo, per dissuadere Ester, a fin di bene, nel terrore che potesse soffrire ancora. Ma era una ragazza forte e decisa e non avrebbe abbandonato le idee che da tanto aveva in testa. Lo avrebbe cercato a costo che fosse in capo al mondo.
-Ma non ti ha mai dato niente-disse la madre-ne una telefonata una lettera, niente se ne è scappato... sai a malapena il suo nome.
Ester scosse la testa, delusa, dalla fiducia che sua madre non le dava, infine non annuì , se ne tornò in camera ed iniziò le sue ricerche via social network. La madre lo fece a fin di bene, non capendo le vere emozioni delle figlia ma allo stesso tempo temeva di essere vista come un avversaria nell'avventura di Ester.
Il suo nome completo era "Al- Muhamad Jedaied Nasser" era di origine tunisina, i social network diedero risultato negativo, ma era davvero difficile la sua impresa:un uomo, straniero, emigrato, probabilmente lavorò in nero e non poteva sapere ne se fosse morto ma soprattutto neanche la nazione in cui stava passando la vecchiaia, magari aveva dei figli, una moglie. Ma nonostante queste incertezze, Ester aveva iniziato e non poteva fermarsi. Necessitava comunque dell'aiuto della madre, la quale, pentita di ciò che fece prima decise di darle una mano e si rese conto di quanto un semplice sorriso di una figlia possa darti gioia. Le diede una foto e informazioni sulla sua personalità e forte indole, le disse che lavorò come panettiere nel paesino vicino e, per ora, era il suo unico punto di riferimento per la sua ricerca.
Sperava ci fosse ancora quel panificio, con gli stessi proprietari e che si ricordassero di Muhamad, doveva sperarci. Camminò sul vile indicatogli con grande fretta, ansiosa e intimorita dal fallimento, quando poi scorse l ' edificio che cercava, si scrollò di dosso un gran peso rilassò i muscoli, ed entrò . Era molto presto ma già i panettieri lavoravano laboriosamente. Trovò un piccolo vestibolo d'ingresso dal quale si potevano intravedere più persone a uno stesso tavolo indaffarate a procurare il pane per la popolazione del luogo, entrò e chiese ad alta voce di voler incontrare il proprietario. Nessun sembrava aver intenzione di risponderle, continuavano a faticare come se lei non fosse presente. Dopo un paio si sollecitazioni, perse la pazienza, non avendo nemmeno uno sguardo ed urlò diede un grido di liberazione, che provocò un silenzio tombale, non lo posso dire con certezza, ma qualcuno in seguito molto probabilmente la definì matta. Dunque adesso, ottenuta l'attenzione ottenne anche una risposta e le indicarono la camera accanto in cui vide un signore relativamente anziano, intentò ad infornare il pane trasportatogli, nel forno, molto sudato provocava un tanfo terribile che provocò il disgusto di Ester, l'uomo anch'egli non attento alla dona insisteva a non volerle dare attenzioni. Era basso robusto, Ester si chiedeva come potesse lavorare con quell'immensa pancia dinanzi a se, che probabilmente non gli permetteva di vedere il pane, posizionato all'estremità del forno elettrico, ma nonostante questo, rimaneva vicino ai suoi collaboratori e continuava una tradizione di famiglia, una passione condivisa anche dalla moglie, passione, che lo teneva lontano da casa giorni interi e lo rendevano poco amichevole con clienti e non, anche per questo aveva una barba grezza e poco curata che avrebbe dato fastidio al contatto con essa. Ester chiese ripetutamente se fosse lui il proprietario, infine dopo svariati sollecitamenti la degnò di uno sguardo e disse
- Si, perche?
-vorrei tanto sapere da quanto tempo siete il capo di questo posto?
-che sei dell'ispezione? Solitamente mi avvertivano.
-no, no assolutamente è che cerco una persona
-ou Davi!! Ti muovi è un quarto d'ora che sto aspettando il pane!-interruppe il signore, acquistando modi poco gentili con gli impiegati e dimostrando con diversi sbuffi come non fosse gradita la visita di Ester.
-Lei ha un registro dove scrive tutti i suoi ex panettieri?-riprese Ester
-Senta, non vede che stiamo tentando di lavorare, noi?! -quel "Noi" accentuato diede molto fastidio ad Ester, la quale, pero, non volle perdere la pazienza come in precedenza
-Senta -continuò lei- per me è molto importante perciò la prego di dedicarmi un minuto del suo tempo.
Quel signore era comunque un essere umano, e pur sbuffando e mostrandosi cinico, in realtà, la voleva aiutare veramente quella ragazza :
-chi cerca?
-un panettiere tunisino che lavorò qui circa 18 anni fa...
-allora... ho avuto circa 100 panettieri extracomunitari, metà dei quali non ricordo nemmeno da quale paese venissero, come pretende che mi ricordi un tunisino che lavorò qui, per giunta 18 anni fa?
Voleva levarsela di torno dopo aver ascoltato la domanda, credette di esserci riuscito, vedendo Ester sconsolata e con la testa bassa, ma non si arrese e rendendosi conto di poter ricevere maggiori informazioni da quel scorbutico signore, ripetè
-è un signore tunisino venne qui 18 anni fa -ed aggiunse- si chiamava "Al-Muhamad Jedaied Nasser"
L'uomo sbuffando maggiormente chiamò la moglie che uscì dall'altra stanza ed arrivò correndo e andando in contro all'ospite presentandosi. Ester si chiese come avesse potuto sposare un uomo come quello, lei, donna in età ma molto bella, bei lineamenti, ovviamente si notavano imperfezioni a mano e collo dovute all'età e al lavoro che faceva, ma comunque con una visione molto più serena della vita rispetto al marito.
-Vedi cosa vuole questa - aggiunse scorbuticamente lui
La moglie fece un cenno con la mano alla fanciulla come per dire "lascialo stare" , e poi sghignazzarono assieme. Infine Ester riformulò la domanda alla donna e le porse la foto, ella la prese la guardò , attentamente, come se stesse cercando un difetto, poi senza proferire parola si recò nella stanza dalla quale era giunta, e poi tornando esclamò
-Si, si me lo ricordo, era un bravissimo ragazzo era emigrato qui dall'Africa, poi si sposò e andò a vivere a Candidò , sulla costa.
-mi scusi -continuò la signora- non vorrei essere imprudente, ma potrei sapere per quale motivo lo sta cercando?
-è mio padre.
Né Ester ne quel scorbutico signore lo ammetteranno mai, ma vi posso assicurare che nel momento della confessione della ragazza, sorrise, ed era prossimo a commuoversi mentre Ester lo guardava meravigliata.
-tenga il biglietto, prego
Ester stava comprando il biglietto per fare forse uno dei viaggi più importanti della sua vita, e lo sapeva.
Il treno le diede una grande malinconia, il fischio assordante e il rumore delle ruote che stridevano sulle rotaie arrugginite, le procuravano il cuore in gola, è come perdere qualcosa volontariamente, lasciare cose molto importanti al vuoto che chiunque può prendere, e il cuore in gola, la rabbia, la tristezza, l'indecisione sul futuro, tutto un mescolarsi di inconfondibili emozioni, donate dal semplice udito dell'insieme di suoni provocati dalla partenza del treno, il tatto sul ferro, l'odore che ne rimane e la vista del paesaggio abbandonato, che man mano si rimpicciolisce, tutto crea incertezza, emozioni che senza i 5 sensi non potremmo provare. Ester era anche frettolosa, come un bambino il giorno prima di natale. Non sapeva che reazione avrebbe avuto suo padre, e la moglie del padre, e il suo obbiettivo non era sicuramente rendere un dispiacere a una donna che nemmeno conosceva ma la possibilità che potesse essere morto o che la sua ricerca sarebbe dovuta continuare in caso non fosse più là le procuravano stress e stanchezza psicologica, e cosi dormì, ma era talmente coinvolta da quella situazione che sognò suo padre il suo viso e la sua irresistibile voglia di abbracciarlo ma, nel sogno, qualcosa fermava la sua corsa, una barriera invisibile, e piangeva per non poterla attraversare. Pianse anche al risveglio mentre il treno giunse a destinazione.
-è una brava ragazza, non merita di soffrire.-Questo pensava la madre a diversi chilometri di distanza, e si tormentava perche avrebbe voluto odiare quell'uomo che l'abbandonò , che la lasciò sola, ma non ci riusciva e soffriva, perche incapace di peccare.
Sapeva l'indirizzo. La moglie del panettiere, promise, a quel ragazzo di andare a fargli visita e pur non facendolo aveva conservato, da qualche parte, il suo bigliettino da visita.
Era davanti a quella porta tanto immaginata, ed ora aveva paura di entrare e pensò per un istante di tornare, e di rinunciarci ma alla fine si fece forza e suonò il campanello.
Si presentò un trentenne che appariva invece molto giovanile ed Ester pensò potesse essere il figlio di Muhamad.
-Salve, c è il signor Muhamad?
-oh, no mi dispiace, adesso non è qui, ma scusi... per quale motivo lo cerca?
-tu sei suoi figlio vero?
-no, signorina, sono un suo amico, vengo a curar le sue piante ogni giorno, Muhamad non ha figli
-invece si.
-come?
-invece si. Sono sua figlia.
-oh... oh... mi scusi ma mai mi aveva parlato di lei
-infatti non lo sa ma
-si accomodi prego - lo interruppe il giovane, imbarazzato per la sua poca cortesia.
Ester guardò attentamente la casa dove poi seppe che suo padre visse dai 40 anni in su.
Non era grande, ma accogliente, i mobili erano stati scelti molto accuratamente, di legno non pregiato, ma di aspetto molto signorile però era evidente come il suo amico curasse solo le piante, vista la muffa intravista negli angoli dei muri e la polvere accumulata sul pavimento.
Ester raccontò tutto all'amico di suo padre. Scoprì che si chiamava Amed, anch'esso originario della tunisia ma perfettamente integrato. Poi abbassando il capo, lasciando presagire il peggio ad Ester le raccontò come mori sua moglie, tragicamente abusata ed uccisa da estremisti protestanti, e di come non vide più sorridere Muhamad, Ester provò gelosia, nei confronti di quella donna che tanto amore a lei il padre dava e non nei confronti di sua madre, ma si penti a quanto male possa arrivare la mente umana nonostante una notizia del genere.
Poi quando meno te l'aspetti ti viene dato il colpo di grazia. Amed le disse della malattia del padre.
Soffriva da mesi di Agnosia che è una demenza che colpisce la memoria e Muhamad iniziava a dimenticare mano a mano tutte le persone che aveva attorno e viveva in una clinica specializzata. Amed congedò infine la donna gentilmente ed augurandole, fortuna e prosperità , le offrì di dormire li anziché in albergo, ma rifiutò dicendo che suo padre non aveva acconsentito.
Quella sera informò sua madre dell'accaduto, ella non soffrì non fiatò ma tento di fingere, per non provocarle un dispiacere.
-Quando torni a casa?- continuò la madre
-Come quando?
-quando, hai intenzione di tornare?
-non lo so, devo stare con papà.
Si vuole fare ancora del male, pensò la madre di Ester la quale provocò rimorso nei confronti del destino, e aveva voglia di bestemmiare, tanta ricerca, per non poter poi confessarsi al padre.
Dopo queste prime sensazioni, trovò un lato positivo, forse vano, ma la consolava leggermente:non avrebbe potuto rifiutarla. Non sapendo che fosse sua figlia non l'avrebbe rifiutata, che era invece uno dei timori della donna. Ma nonostante le paure le incertezze, non pensò neanche lontanamente, provocando lo stupore della madre, di abbandonare il genitore.
Il giorno dopo si recò in clinica e le fu indicato suo padre.
Finalmente il momento dell'incontro era arrivato, non era come se lo era immaginato, ma fu comunque emozionante, e non potendo comunque, mai, provare rimorsi nei suoi confronti, lo amò dal primo all'ultimo momento vissuto con lui. Era seduto e giocava a carte con la bocca leggermente aperta, come se fosse fuori dal mondo, ma nonostante la demenza rimaneva comunque un bell'uomo. Si avvicino a lui e si presentò come infermiera.
Fino alla sua morte stette giorno e notte con lui, lo aiutò a cucinare, a giocare a carte, fare il letto, lavarsi e persino andare in bagno. Per lei fu sempre suo padre, ma per lui lei fu un giorno infermiera, un giorno dottoressa, un giorno badante a volte addirittura madre, ma ad Ester non importava, l'importante era che fosse con suo padre. Pianse più di tutti al funerale, invitata anche la madre pianse anche lei, ma era solo una conseguenza alla visione delle lacrime di Ester.
Sulla tomba di Muhamad ancora oggi c è scritto:
AL MUHAMAD JEDAIED NASSER
servito e riverito
da colei che non
sapeva essere sua figlia
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