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Vedere tutto da lì
Quel giorno di primavera Lei nacque…
O meglio, quel pomeriggio, straordinariamente caldo pomeriggio di primavera Lei respirò per la prima volta l’aria di quella che sarebbe stata la sua terra, giacché il bozzolo, ripieno di vita, della Sua palpitante e impaziente vita, si trovava tra quei rami da diversi giorni.
Ovviamente la sua condizione non Le permetteva di rendersi conto di che razza, di che specie di animale era, a mala pena riusciva a percepire le prime vibrazioni dell’aria, il calore del luogo che la circondava, lo spazio che il Suo corpo, che le Sue ali occupavano nella dimensione reale di cui entrava a far parte.
Uno scienziato l’avrebbe definita uno splendido esemplare di Eurytides thyastes Dry, un bambino del posto semplicemente farfalla, una bellissima e grande farfalla di una delle molte specie presenti in Perù.
Lei quel giorno non si definì, Lei non apprezzò con occhio artistico le sfumature di gialli, di marroni, di bianchi che costituivano le sue aggraziate ali, non si soffermò a chiedersi il perché di quelle due chiazze rosse, non si chiese perché la Natura le dava la possibilità di vivere mostrando agli altri Esseri quei colori bellissimi e geometricamente organizzati.
Il suo primo pensiero, se così si può definire un innato riflesso vitale, fu dispiegare le ali, svegliarsi dal torpore che la attanagliava all’interno del bozzolo, interrompere quel periodo ovattato in cui tutto ciò che è Fuori viene percepito come molto lontano.
Lei ancora non lo sapeva…non sapeva una cosa, non sapeva Quella cosa.
Finalmente i primi battiti d’ali; una sensazione di libertà si impadronì della farfalla che per la prima volta assaggiò le potenzialità del volo…ancora mancava l’esperienza, il controllo, la stabilità, l’eleganza di quello che sarebbe stato un Volo.
Però il battito, il primo semplice battito, le conferì una forza e una sicurezza, la gioia che invade il neonato quando scopre di poter camminare solo.
Da lì il passo fu breve, il lasciarsi andare, il cadere dal ramo che la cullò per giorni, il sentire l’aria, il calore, l’osservare il suolo, il verde, i colori.
In pochi secondi quello che era torpore si trasformò in Vita e le sensazioni cominciarono a correrle incontro ad una velocità impressionante.
Con gli occhi di chi precipita da una roccia, la sua terra le si avventava addosso, con tutte le sue caratteristiche…la sensazione di libertà era unica, e non era esattamente il momento di chiedersi verso cosa si volava, per cosa o per chi si stava volando.
Il viaggio non era spostarsi verso una meta, la neonata farfalla volava per volare…in un senso più ampio faceva quello che meglio le riusciva, esisteva per Essere.
Lei non sapeva Quella cosa, e d’altronde non poteva saperla, non ci sarebbe stato motivo per cui dovesse rendersene conto.
Coinvolta nei suoi primi battiti di gialli, di marroni, di bianchi, non si accorse quanto basso stava volando, non si accorse che i primi, più alti fili d’erba cominciavano a scorrere molto vicino al suo corpo, che la terra era talmente vicina da potercisi quasi appoggiare solamente inclinando il corpo.
Così presa dal Volo la farfalla non si accorse di quella che sarebbe stata la prima difficoltà incontrata dal momento della nascita: non si accorse di un arbusto, un comunissimo arbusto peruviano, tra i cui rami erano state tessute moltissime ragnatele, spesse, dense, assolutamente ingarbugliate e indecifrabili. Ragnatele.
Niente di innaturale insomma, qualcosa di molto comune in una terra dove abbondavano specie di ragni nemmeno tanto piccoli, e spesso non innocui.
Improvvisamente andò a sbattere contro uno spesso strato di queste ragnatele, ci si trovo intrappolata in un brusco e orrendo istante.
Nemmeno il tempo di rendersi conto di quello che era successo che la farfalla si sentì preda di sensazioni angoscianti, che non le permettevano di respirare, ne di muoversi.
O meglio, respirare poteva, ma l’angoscia era troppa, la Paura, le estremità delle ali legate da qualcosa di pesante, di inspiegabile, che si era frapposto fra la sua nascita e il suo Volo fatto per volare.
Non aveva fretta, non perdeva niente la farfalla. Non doveva andare in nessun luogo.
Forse avrebbe affrontato tutto diversamente se avesse saputo Quella cosa, forse.
L’immobilità era opprimente, il corpo scosso da un fremito che cresceva all’aumentare del tempo trascorso in quella trappola di morte.
Tanta, troppa angoscia: non si rendeva più conto del vento piacevole, il sole non scaldava più le sue membra, i colori non erano più armoniosi sotto di lei.
L’unico pensiero della farfalla erano quei fili della Morte che non le permettevano di vivere quell’ esistenza appena scoperta.
Bastò una semplice folata di vento…forte, anzi, fortissima, ma semplice ed incredibile nella sua efficacia.
Quella semplice folata scosse la farfalla, scosse i fili della Morte, scosse l’arbusto peruviano, scosse gli alti fili d’erba…e Lei si trovò libera nuovamente, un’altra volta padrona dei gialli, dei marroni, dei bianchi, e di quelle due chiazze rosse.
Come poco prima la sensazione era quella di torpore, di venuta alla Vita, di prime esperienze e vibrazioni, ma non le dispiaceva più, sapeva quello che l’aspettava dopo, il ritrovato entusiasmo le fece dimenticare quasi immediatamente il pericolo appena passato e riprese a Volare.
Non sapeva Quella cosa, e il suo Volo riprese tranquillo, lineare e fine nella sua semplicità.
Continuava a volare la farfalla, a non andare in nessun posto ma in modo elegante e diretto, senza troppi cambi; il suo Volo era dritto e teso, verso qualcosa che né vedeva né conosceva.
Poco tempo dopo capitò qualcosa che Lei non seppe spiegarsi: cominciarono a scendere gocce dal cielo, gocce pesanti, acqua che cominciò a martellarle il corpo, a piegare i più alti fili d’erba.
Quelle gocce che davano vita agli arbusti peruviani la stavano tormentando e soprattutto stavano disturbando il suo Volo.
Non fu subito una sensazione fastidiosa, a dire la verità.
Iniziò tutto con un piacevole fremito fresco, quando ancora le ali non erano appesantite dall’umidità, quando ancora il vento le scorreva intorno veloce.
Però presto questa sensazione piacevole lasciò il posto ad una nuova Angoscia, alla ritrovata Paura di non poter continuare il suo Volo, Paura resa ben presto reale dal fatto che in quelle condizioni, in quello stato martellante, continuo, fastidioso…di battiti di gialli, di marroni, di bianchi non se ne parlava, e le due eleganti chiazze rosse già erano meno rosse.
Il peso dell’acqua presto la costrinse ad appoggiarsi al suolo, riparata da una verde foglia peruviana, aspettando qualcosa di sconosciuto. Certo, non aveva fretta la farfalla, sconosciuta era anche la meta del suo viaggio, ma questa situazione era tutt’ altro che favorevole, e di questo se ne rendeva ben conto.
Il temporale, così lo chiamerebbe un qualsiasi bambino peruviano, passò, non durò molto, dopo poco tempo dal suo inizio spostò la sua martellante violenza in altri luoghi sconosciuti.
La farfalla riscoprì per la terza volta la possibilità di Volare, di cercare, governare e vivere la sua libertà, in un mondo, il Suo mondo, che cominciava a piacerle sempre più ma che allo stesso tempo le stava lasciando dubbi e amare sensazioni, vissute e superate.
Proseguì in quella linea retta che non lasciava molto spazio all’improvvisazione né a troppe domande, soprattutto non le permetteva di sapere Quella cosa.
Nuovamente tranquilla, la farfalla peruviana non si sarebbe mai aspettata quello che stava per succederle.
Nuovamente tranquilla nel suo Volo, incontrò l’Uomo.
L’incontro con la civiltà fu violentissimo e complicatissimo da capire.
Quello che erano semplicemente un’automobile, una piccola strada di paese e poche persone, per la farfalla si tramutò ben presto in un’angoscia ancora più pesante delle ragnatele.
In questa occasione le sue ali erano ancora libere di muoversi, non c’erano delle vere e proprie costrizioni fisiche, ma la confusione che la circondò fu ben peggio.
Odori acri e nuovi, rumori assordanti, raffiche calde prima e fredde poi che la facevano sobbalzare, vibrazioni nuove e stancanti, logoranti.
Qualcuno cercò di afferrarla e non ci riuscì, altri la urtarono e lei a sua volta urtò spigoli e cose dure, reali, oggetti di un mondo che capiva sempre meno.
Il turbinio di colori era assolutamente disorientante, e un’altra volta si chiese se era lì che il suo Volo doveva finire.
Beh no, non era lì.
Quello stralcio di mondo umano non la fermò, e in un modo inspiegabile si ritrovò immersa nel verde, nella natura peruviana, in quel Mondo che le piaceva, che stava imparando a conoscere con tanta fatica.
Si allontanò dal disgusto che le provocava quell’ insieme di colori e riprese a volare.
Il suo Volo però non fu semplicemente retto, non più.
Qualcosa l’aveva colpita mentre le correnti d’aria appena scampate la sbattevano ovunque e le facevano perdere il controllo…involontariamente prima, più consapevolmente poi, la farfalla aveva governato il suo Volo, aveva mosso impercettibilmente i gialli, i marroni, i bianchi delle sue ali ottenendo virate, salite e discese.
Aveva scoperto, la farfalla peruviana, come muovere il suo corpo controllando l’aria intorno a lei, lanciandosi in evoluzioni inizialmente semplici ma via via sempre più eleganti.
Non aveva fretta e non sapeva Quella cosa, non aveva una meta…non aveva nessun motivo per cui non provare nuovamente tutte quelle manovre, le nuove possibilità anzi la ricaricarono di un nuovo entusiasmo.
Cominciò ad alzarsi, sempre più, i fili d’erba alti non le sfioravano più il corpo e ormai conosceva il modo di schivare gli insidiosi arbusti peruviani.
Virò solo per il gusto di farlo, e poi di nuovo, si alzò e si abbassò.
Raffiche d’aria impreviste non la dominavano più, anzi, erano motivo di divertimento e di scoperta.
Il controllo che poteva esercitare sull’aria si trasformò presto in una sensazione di controllo sul Mondo che la circondava e che l’aveva messa alla luce poco prima.
L’euforia era unica, mai provata, vibrante come la Paura ma molto, molto più colorata e gioiosa.
Si alzo, cominciò a prendere quota, sempre di più, fino a vedere piccoli gli arbusti, gli alberi addirittura, fino a vedere in lontananza il centro abitato da cui era appena uscita in qualche strano modo, fino a confondere il verde con il marrone della terra, con il colore dell’acqua e delle altre piante, fino a distinguere bene gli incroci di quelle strisce grigie che graffiavano il terreno, fino a percepire l’aria che cominciava a raffreddarsi.
Da lì certo non poteva distinguere la sua meta, d’altra parte non ne aveva una.
Però da lì vedeva la linea in cui si fondevano verde e azzurro, se si fosse girata probabilmente avrebbe visto il luogo dove aveva lasciato il bozzolo inanimato da cui era uscita, e la palla gialla che le infondeva calore e forza, il Sole che batteva sul territorio peruviano, già si vedeva scendere lenta e lontana.
Quello era il Volo, se c’era una cosa che stava cercando probabilmente era proprio quella, la meta della farfalla peruviana gialla, marrone, bianca e rossa poteva essere quella, quelle sensazioni, quelle esperienze vissute e passate, quelle vibrazioni cattive e buone che sempre le avevano lasciato qualcosa.
Non sapeva, la farfalla, una cosa che forse le avrebbe potuto spiegare uno scienziato, e forse addirittura un bambino del Perù.
Quella cosa che la farfalla non sapeva era che gli esemplari di Eurytides thyastes Dry solo vivono un giorno, tra l’uscita dal bozzolo e la Morte, l’accasciarsi e il ripiegare le ali, lo spegnersi dei gialli, marroni e bianchi, il ripiegarsi di quelle due chiazze rosse…passano solo ventiquattro ore, ora più ora meno.
Non lo sapeva la farfalla, e mai l’avrebbe saputo, nessuno poteva spiegarglielo e questo comunque non avrebbe cambiato le cose.
Niente si sarebbe potuto fare per evitare l’Inevitabile, in compenso le molte esperienze l’avevano portata a salire, scendere e virare, governare l’aria e il Mondo, vedere il sole, scaldarsi coi suoi raggi e alimentare così la sua euforia.
L’angoscia, la paura, la confusione…già non erano tali, non c’era più posto per loro nel corpo della farfalla. Non sapeva Quella cosa, ma stava sfruttando una possibilità unica, era protagonista di un’esperienza indescrivibile…vedere tutto da lì…
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- Grazie! Pensa che praticamente è il primo racconto che ho scritto in tempi recenti..
- Tema affascinante svolto con grazia e delicatezza.

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