Nelle scelte della vita la cosa più importante è sapere dove sta di casa il buonsenso e di fargli visita ogni tanto. Fosse solo per ricordarsi la strada.
Questa questione del velo islamico viene trattata in un modo che non posso non considerare imbarazzante almeno dal punto di vista del buonsenso.
Il velo in questione da fatto di costume, di tradizione, si è trasformato in una battaglia religiosa. Basta prendere fotografie dell’Italia di non molti anni fa per scoprire che anche da noi le donne portavano il velo o il fazzoletto sulla testa, senza che nessuno si scandalizzasse, anzi era un simbolo di verginale devozione si può dire.
Poi per gli islamici, che ne hanno di diversi tipi, sta diventando un indumento identitario, come lo erano i jeans per la beat generation, finché un giorno anche i ricchi borghesi hanno preso ad indossarli.
Le donne islamiche, o almeno la gran parte di loro, non vive il velo come un simbolo di oppressione maschilista, ma come divisa militante di appartenenza. Ciò le rende orgogliosamente islamiche. Allora io mi dico: prima o poi qualcuno troverà la strada di quella famosa casa suddetta e le donne liberate occidentali scopriranno, stimolate da un intraprendente e “provocatorio” stilista, che si può indossare il velo con un decolté mozzafiato, o una mini molto sopra il ginocchio e i tacchi a spillo. Eccovi servito il velo in salsa dis-integralista e femmino-centrica con buona pace degli imbarazzati Imam che troveranno difficilmente gli argomenti per lanciare fatue alle occidentali ree di dissacrare un indumento che sacro non è, nemmeno per il Corano.