Sono in una grande stanza. Dalla posizione in cui mi trovo e nella penombra che tutto avvolge non riesco a percepire che macchie indistinte. I miei movimenti sono ridotti al minimo, posso girare solo la testa da un lato e dall'altro.
Allungo le mani fino a toccare una specie di parete molle, elastica che le mie dita possono attraversare con facilità. Sono sdraiata sulla schiena, ho gli occhi aperti e sono sola, ma non ho paura. Mi guardo ancora attorno e la penombra sembra dissolversi sempre più, mi sto abituando all'oscurità e giro lo sguardo con rinnovata curiosità. Non avverto alcun rumore, sono come sospesa in una bolla, senza suoni né luci né colori.
Mi piace questa sensazione di pace e di beatitudine.
Improvvisamente mi accorgo di non essere più sola. Giro la testa di lato e vedo una piccola figura che silenziosamente a quattro zampe muove nella mia direzione. È incerto se fermarsi o proseguire nel suo cammino, poi mi guarda e resta immobile, accanto alla mia culla. Ne afferra con le mani i bordi e si tira su per osservarmi meglio. Io allungo la mano per toccarlo, per dargli il benvenuto... Le mie dita sono libere di esplorare e sono ora sul suo viso, a portata della sua bocca.
Sento uno strappo lacerante, come se di colpo avessero spento tutte le luci del mondo. Uno strillo acuto erompe dalla mia gola infrangendo il silenzio regnante, ma non riesco a capire cosa sia successo né so che nome dare a questa sensazione così lancinante che provo per la prima volta nella mia vita.
La luce irrompe nella stanza e ferisce gli occhi come una lama affilata mentre una figura più grande si china su di me e dolcemente mi solleva tra le sue braccia...
l'autore Fernando Piazza ha riportato queste note sull'opera
Preciso che questo è un testo di mia moglie. Quell'impicciona ha voluto provare l'ebbrezza di pubblicare qualcosa di suo... sul mio spazio.