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Noi, ultras combattenti. Conclusione
Al triplice fischio arbitrale la follia e l'orrore si strinsero in un bollente amplesso, figliando una spaventosa devastazione. Fu subito il caos totale, senza raziocinio. Il terzo tempo, disputato allo stadio Olimpico di Roma davanti al folto pubblico pagante e acclamante, alle forze dell'ordine benedicenti e intenditrici e alle webcamere telernet moderne e affidabili, fu l'apoteosi della nuova barbarie. Nulla dunque era davvero cambiato negli ultimi centomila anni per la razza umana?
Nell'apparentemente evoluta e moderna società contemporanea, una semplice idea era bastata per spezzare il sottile velo della civiltà sviluppatosi nel corso dei secoli, scatenando i peggiori istinti primordiali. Nemmeno lo stesso Garlasconi avrebbe immaginato il clamoroso successo della sua iniziativa. Perché le moderne violenze regolamentate raccoglievano ormai decine di milioni di spettatori in tutta Europa e si stavano espandendo a macchia d'olio nel mondo intero. E ogni anno migliaia e migliaia di ragazzi affrontavano i provini per entrare a far parte dei vari Ultras Club da battaglia. Ma c'era poi davvero da sorprendersene? Dopotutto il cervello della specie Homo Sapiens Sapiens del XXI secolo era fisiologicamente identico a quello appartenuto agli antichi popoli di cacciatori e raccoglitori di decine di migliaia di anni prima, vestiti di pelle e armati di clava, da cui discendeva. E una volta esauritasi l'ultra millenaria catarsi della guerra tradizionale, ormai troppo disumanizzata per fungere da valvola di sfogo alla naturale aggressività umana, in quale altra maniera gli uomini avrebbero potuto scaricare tale aggressività?
Così, perduto ormai qualsiasi freno inibitore, quella domenica primaverile del 2039 i combattenti presero a scambiarsi botte da orbi senza alcuna remora, sia a mani nude sia con l'ausilio dei vari oggetti contundenti permessi dal regolamento.
"Forza, mettetecela tutta, se vedo qualcuno retrocedere anche di un solo passo, a fine incontro lo faccio a pezzi con le mie stesse mani. Avete capito? Con le mie stesse mani! Avanti adesso, andate avanti." Tuonò La Cosa subito prima di partire lancia, anzi, spranga in resta all'assalto, affiancato da alcuni fedelissimi e incurante, sicuro com'era del proprio carisma, di verificare se gli altri compagni lo stessero effettivamente seguendo.
E gli altri, infatti, non se lo fecero ripetere. Il più lesto fu Res Bellica, ben deciso a non lasciargli tutti meriti in caso di vittoria e a non abbandonarlo in caso di difficoltà. Neppure Mani di Pietra ebbe però esitazioni, benché fosse rimasto ferito in uno scontro precedente. Il club era ormai la sua vita e non avrebbe mai sopportato un'accusa di vigliaccheria. Per questo, nonostante i morsi della paura gli attanagliassero ogni domenica lo stomaco, era sempre tra i primi a lanciarsi nella mischia.
Res, giunto a contatto con i Laziali contemporaneamente a Mani di Pietra, intravide poco più avanti la macchia arancione del suo capo sfondare la parete biancoceleste e si fece strada verso di lui. Una rapida occhiata intorno a sé gli permise di sapere su chi avrebbe potuto far conto durante la pugna. Alla sua destra c'erano L'Incredibile Franz e Poiana, una delle cinque sole donne nella formazione titolare, in gamba più della maggioranza degli uomini, mentre Mani di Pietra menava le mani poco più in là insieme a Nibbio, un vivace nuovo entrato. A sinistra riconobbe invece Rinoceronte, vestito come il grigio pachiderma supercriminale della Marvel Comics, compreso un copricapo duro e bicornuto, ammesso come sua arma personale dalla federazione, e i tre fratelli Cretesi, così chiamati perché come nomi di battaglia usavano quelli di Talos, il gigante di bronzo, la cui imbottitura sotto la divisa rossoblu era dipinta proprio a ricordare la lega metallica, Minosse, adeguatamente incoronato, e Minotauro, con la testa ricoperta da una maschera di toro tra le cui corna campeggiava la berretta del Genoa.
Rassicurato, un attimo dopo si esibì in una perfetta tecnica di Kung fu, atterrando sullo stomaco di un laziale. Nello stesso momento Rinoceronte e Minotauro caricarono a testa bassa un romano ciascuno e gli si avvinghiarono.
Poco più avanti anche La Cosa si era invischiata in una serie di corpo a corpo. E con quel suo fisico incredibilmente largo, tarchiato e basso di baricentro era molto difficile da abbattere. Dopo aver provvisoriamente steso un primo nemico con una secca e precisa sprangata e aver vittoriosamente duellato con un secondo, continuando a usare con perizia la sua arma preferita, fu aggredito alle spalle da altri due laziali, che gli fecero sfuggire lo strumento di mano. Ma lui non era certo tipo da perdersi d'animo per una battuta d'arresto e si lanciò a pugni chiusi alla carica, affiancato dai compagni Sparviero e Magneto, che agitavano vorticosamente sopra le loro teste nodosi randelli gommati. Grazie alla protezione fornitagli dal caschetto da ciclista, resistette a un colpo di sbieco e quindi travolse col suo peso l'ultras che lo aveva colpito, un mastodontico colosso più obeso che muscoloso, assestandogli un terribile colpo Zinedine Zidane, tecnica così chiamata da un famoso calciatore francese di trentacinque anni prima, passato alla storia per aver steso un avversario con una testata. L'energumeno buttò fuori il respiro mentre gli occhi quasi gli uscivano dalle orbite. Ormai lo aveva in pugno.
I Cretesi intanto rintuzzavano un affondo laziale, affiancati da un Rinoceronte impegnato allo spasimo. Quest'ultimo, dopo avere accoppato l'avversario precedente, si era trovato di fronte uno dei vice comandanti laziali, Caligola, caratterizzato da un enorme cicatrice sulla faccia. Rhino stava per essere sopraffatto, quando Res Bellica giunse a dargli manforte.
Res non aveva la minima idea di come stesse procedendo lo scontro. I due gruppi si erano mescolati in perfetto equilibrio e, almeno dal suo punto di vista, era impossibile comprendere gli sviluppi. Sembrava però che i laziali stessero lentamente riguadagnando terreno e Res, temendo che continuando così quelli avrebbero finito per vincere, raddoppiò gli sforzi. Lottare, lottare e lottare e non pensare a null'altro. Per primo incrociò sulla sua strada Traiano, uno dei nemici più prestigiosi, che aveva appena stordito l'Incredibile Franz, e ingaggiò un primo lungo combattimento. Poi balzò in volo plastico su Caligola, agganciandolo con entrambe le gambe a tenaglia sul collo e togliendo così dai guai anche Rinoceronte. Il giovane fisicamente non era molto forte, ma aveva un'eccezionale prontezza di riflessi e una perfetta padronanza delle arti marziali. Soffocato dalla sua stretta, Caligola perse ben presto i sensi.
Res si rivolse allora a un nuovo contendente, tal Picchio. Sfuggito al suo tentativo di presa, mentre questi si sbilanciava nel tentativo di riacchiapparlo, lo centrò con un calcio al plesso solare che lo bloccò sul posto. Non poté però approfittare del breve momento di vantaggio, perché due altri buzzurri lo aggredirono facendolo volare a terra. Con un'agile capriola all'indietro Res si rialzò mettendosi nuovamente in guardia. Non dovette però più preoccuparsi dei nuovi venuti: Mani di Pietra e Poiana irruppero in quell'istante sulla scena assalendoli.
Mani di Pietra ansava e si toccava lo stomaco, con evidente sofferenza, eppure gli fece l'occhiolino sorridendo allegramente e un istante dopo si lanciò come una molla verso il suo bersaglio, colpendolo sulla guancia con un micidiale diretto. Poiana invece girò intorno al secondo e poi, approfittando di un suo attimo di esitazione, volò in presa sulle gambe, facendolo crollare pesantemente sul terreno di schiena. Insaccatosi, l'energumeno non poté più reagire e Poiana lo mise agevolmente fuori gioco.
Dunque Res concentrò nuovamente la sua attenzione su Picchio, che nel frattempo si era rifatto sotto. Approfittando della sua maggior velocità e prontezza di riflessi, schivò vari assalti e lo colpì più volte, fiaccandone la resistenza, infine lo abbatté in maniera definitiva con un risolutivo colpo di karatè, di cui era specialista. Con la coda dell'occhio intravide quindi il solito Traiano schizzare in avanti alla sua destra. Res roteò su una gamba per poi assestarli con l'altra un colpo al mento. Questi rimase in piedi, ma solo per subire un'altra tecnica da karateca e crollare finalmente a terra, incapace di rialzarsi. In quello stesso istante La Cosa e Sparviero lo raggiunsero.
"Bel colpo" - approvò La Cosa. - "Quel bestione doveva pesare trenta chili più di te, sei sempre il migliore."
Res arrossì di piacere. Non fece tuttavia in tempo a godersi il complimento, perché l'acuta voce femminile di Poiana attrasse l'attenzione di entrambi.
Poiana era stata immobilizzata da un tizio travestito da Superman, mentre Nibbio si allontanava zoppicando, inseguito da due avversari. Inoltre Mani di Pietra era disteso a terra nei pressi e perdeva sangue dal cuoio capelluto. Commodo, il giovane laziale considerato da tutti probabile futuro Imperatore, infieriva su di lui spalleggiato da un compagno, mentre altri due coprivano le spalle. Una violenta bastonata centrò alla mascella l'ex pugile e la sua faccia si spostò di lato sotto la violenza del colpo, in uno schizzo di sudore e sangue. Ricevette poi una ginocchiata al petto, seguita da un altro colpo dell'arma impropria che, per quanto rivestita di materiale gommoso, maneggiata col cinismo e l'abilità propri di Commodo causava danni significativi.
"Credevo fosse stato eliminato nel secondo tempo." Brontolò Res, indicando Commodo.
"Beh, stavolta lo stendiamo sul serio, ormai stiamo prendendo il sopravvento." Esclamò il capo.
Lui, Sparviero, Res e Talos, il più grande e forte dei cretesi, accorsero. Benché sofferente, dietro a loro sopraggiunse pure Rinoceronte, che s'infilò con passo malfermo nella mischia. Minosse invece si era ritirato, impossibilitato a continuare gli scontri, mentre Minotauro e l'Incredibile Franz erano impegnati altrove.
Res e Talos affiancarono Poiana e la liberarono dall'avversario. Invece La Cosa e Sparviero rivolsero la loro attenzione su Commodo e i suoi compagni. Il giovanissimo Sparviero si stava dimostrando molto in gamba e appariva destinato a una rapida carriera, in quell'ambiente in cui i ricambi erano tanto frequenti.
Subito dopo anche gli altri tre irruppero sul gruppo di Commodo. Nel giro dei cinque minuti successivi, quella divenne la zona fulcro in cui si concentrarono gli scontri. Una dozzina di genoani, al comando di Ivan il terribile e una quindicina di laziali, guidati da Hitler e dal quarto luogotenente Goebbels, accorsero da varie parti per dar man forte agli uni e agli altri e la lotta divenne furibonda. Un poco più tardi, mentre l'orizzonte degli eventi si spostava lentamente verso la metà campo laziali, Res, Talos e Poiana unirono le forze e isolarono Allocco e Civetta, i bianco celesti prediligevano i nomi dei rapaci notturni, attaccandoli con violenza.
Il Civetta fu liquidato in capo a pochi secondi grazie a una precisa serie di colpi.
"E ora resti tu, uccellaccio." Rise l'enorme Talos, mentre immobilizzava un braccio di Allocco.
Poiana, autentica Walkiria, dal fisico solidissimo, bloccò l'altro e a quel punto fu facile per Res assalirlo senza che questi potesse reagire.
Un cazzotto, due, tre. Allocco urlava e rimbalzava avanti e indietro sotto gli urti, tenuto sempre saldamente dagli altri due. Era una vera goduria.
"Forza, dai colpisci, bravo così, che figata." Incitava Poiana.
"Va bene, ci siamo divertiti abbastanza." - Commentò infine Res, assestando il colpo risolutivo che fece perdere conoscenza ad Allocco. - "Questo per un mese non gioca più."
"Andiamo, allora, gli altri si sono allontanati." Esclamò Poiana, chiaramente sovreccitata.
Res le rivolse un'occhiata. La ragazza, alta e soda, possente e formosa, i capelli tagliati cortissimi, quasi quanto quelli dei maschi, ma con in più una crestina punk, era una bella ragazza, che sprizzava vitalità da tutti i pori e Res non era certo così insensibile da non apprezzarla esteticamente. Una compagna d'arme coi fiocchi, in ogni senso, non poté fare a meno di pensare.
"Un istante solo. L'altro uccellaccio si sta riprendendo." Avvisò poi, ritrovando la concentrazione.
"A lui ci penso io." - Intervenne Talos. - "Voi andate avanti, vi raggiungo subito."
"Ok, vedi di non esagerare, però."
"Tranquillo, mi diverto un poco a suonarlo e arrivo." Rispose, sorridendo sereno. Era soddisfatto e si vedeva.
D'altronde anche Res si sentiva meravigliosamente scarico e rilassato. In passato aveva giudicato la vita uno schifo, l'aveva trovata noiosa e insoddisfacente. Ma grazie a quei dolci momenti di battaglia meritava davvero di essere vissuta! E sapeva che tutti i presenti la pensavano alla stessa maniera. Né lui né gli altri erano dei mostri, però. Certo, tutti loro infierivano selvaggiamente, ma solo su chi seguiva la medesima filosofia di vita. Cosa c'era di male, dunque? Un tempo sarebbe forse stato ritenuto un anormale a pensarla così, ma nel 2039 quella valvola di sfogo godeva di generale approvazione. Compreso quella dei i soliti benpensanti ipocriti, giornalisti antiquati o sociologi mediocri che, lui lo sapeva bene, criticavano, contestavano, ma sotto, sotto erano soltanto frustrati e invidiosi, perché troppo deboli o vili o vecchi per scaricarsi in maniera sana come loro.
Incamminandosi insieme a Poiana, notò intorno a sé un sacco di guerrieri privi di conoscenza, con indosso i colori dell'una e dell'altra squadra.
"Ci son stati un casino di ko. oggi, vero?" Commentò Poiana, notando la direzione del suo sguardo.
"Con la Lazio è dura ogni volta, devono aver steso un sacco di bravi ragazzi."
"Ma almeno la gara mi pare che stia decisamente piegando a nostro favore. Stavolta abbiamo la vittoria in pugno ed è questo che conta, no?"
"Senza dubbio... ehi, ma quello non è L'incredibile Franz?"
Res si avvicinò a un corpo steso a faccia in giù e lo rivoltò con delicatezza.
"È messo maluccio, accidenti." Commentò Poiana, chiaramente addolorata.
La giovane era da tempo invaghita di quel compagno, ma ora il bel Franz non sembrava più così attraente.
"Maluccio, già." Ripeté Res con mestizia. Res e Franz erano ottimi amici.
In quel momento sopraggiunse Talos, affiancato da Minotauro e da Ivan il terribile, mentre un gruppo di laziali si avvicinava a sua volta. Il bronzeo cretese stringeva qualcosa di grigio.
"Non state lì impalati." - Esclamò Ivan. - "Non c'è tempo per i soccorsi, ma il tempo lo abbiamo per vendicarlo e impedire ai Laziali di recuperare metri fino all'arrivo degli altri, andiamo, forza!"
Res si voltò in direzione della voce e vide l'oggetto tenuto in mano da Talos. Era la maschera cornuta di Rhino, l'uomo Rinoceronte. Corrugò le sopracciglia, perplesso.
"L'ho vista a terra mentre mi lavoravo il Civetta." Spiegò Talos, senza aggiungere che quella vista gli aveva fatto perdere la testa, portando a eccedere nel suo "lavorarsi" l'avversario.
Res si guardò rapidamente intorno. Rinoceronte non si vedeva da nessuna parte. Poi, senza ulteriore indugio, tutti e cinque si gettarono nuovamente nella mischia.
Per alcuni minuti i genoani mantennero saldamente le posizioni finché, dal lato della vecchia pista d'atletica sotto al loro settore, sopraggiunsero, dopo avere respinto e disperso il reparto di Diocleziano, i restanti genoani guidati dal Papa e da Gheppio.
Il Papa marciava in testa al gruppo, sicuro di sé e sprizzando da ogni poro il proprio ascendente. Res lo vide infierire su un avversario, sorridere crudelmente mentre lo guardava urlare di dolore, colpirlo ancora e poi gettarlo di lato privo di sensi e riprendere la marcia. E dietro a lui, trascinata dalla sua volontà ferrea, l'intera banda procedeva inarrestabile.
Grazie a quest'ultima riunificazione delle forze, la Lazio crollò definitivamente, lo stesso Rapace Imperatore Hitler perse i sensi, sconfitto in un breve corpo a corpo dal Papa in persona e i grifoni poterono avanzare velocemente attraverso la metà campo avversaria fino a conquistare il vessillo biancoceleste. Quando la sirena interruppe i combattimenti, la vittoria aveva senza dubbio alcuno arriso ai colori del Genoa.
Dieci minuti dopo la giuria, presieduta come tradizione da un esponente della federazione nazionale e formata inoltre dal questore della città padrona di casa e dal prefetto della città la cui squadra era ospitata, ufficializzò il punteggio finale. Avevano vinto per 21 a 14. Il risultato conseguito gli permetteva di avvicinare a un solo punto gli Inter constrictors secondi in classifica ma faceva salire a 5 punti il distacco dai capilista Atalanta Fauns, vincitori per 20 a 8. Rimanevano comunque in corsa per lo scudetto.
In sede, il pomeriggio successivo, fecero il conto dei danni, che stavolta erano stati così ingenti da rasentare la vittoria di Pirro. Pietro Corigliano aveva una commozione cerebrale, si era fatturato la mascella, sei costole e altre ossa varie, inoltre aveva subito una preoccupante emorragia interna. L'indomani avrebbe dovuto esser operato chirurgicamente, per cui la sua stagione era finita. Avrebbero dunque dovuto procedere all'elezione di un nuovo luogotenente che lo sostituisse almeno fino a fine campionato. E oltre che un amico, Pietro era un guerriero di notorietà internazionale, tra i papabili per la convocazione in azzurro, nel caso fosse stato organizzato il mondiale parallelo come pareva. La serietà del suo infortunio faceva quindi rumore. Ma di infortunati ce n'erano stati parecchi altri. Erano finiti ko ben trenta ragazzi, molti dei quali sarebbero stati assenti per diversi turni. Il più grave era Nibbio e tra i guerrieri più rinomati erano piuttosto malconci anche l'Incredibile Franz e il cretese Minosse.
Ma se i problemi si fossero limitati a ciò nessuno ne avrebbe fatto un dramma, invece purtroppo il povero Rinoceronte era spirato in ospedale alcune ore dopo la fine della partita a causa della gravità delle ferite riportate in combattimento. In proposito Sergio e Jack erano a un tempo sconvolti e addolorati per l'accaduto e preoccupati per le conseguenze. Ogni tanto accadeva che qualcuno ci lasciasse la pelle, faceva parte dei rischi del mestiere, ma quel giorno c'erano stati ben due caduti sul campo, uno per parte, Rinoceronte e Civetta.
Per giunta ad assestare il colpo finale, mentre discutevano sulla situazione giunse dapprima la notizia dell'improvviso aggravarsi delle condizioni di Nibbio e poi l'annuncio della sua scomparsa. Tre ultras morti in un solo incontro, tanti quanti ne erano caduti in tutta Italia nel corso dell'intero campionato, erano davvero troppi! Ciò senza naturalmente dimenticare che i Grifoni rischiavano di perdere anche Bandito, atleta duramente percosso nel derby della domenica precedente. Il ragazzo si trovava, infatti, in coma farmacologico da una settimana e i medici rifiutavano di sciogliere la prognosi.
Quella stessa sera i capi rimasti si riunirono di nuovo, per organizzare gli onori dovuti ai caduti. Gheppio e tre dei migliori guerrieri si sarebbero occupati del funerale di Nibbio. Sergio, Jack, Ivan e Res avrebbero curato l'altro, trasportando di persona il feretro di Rinoceronte fino al luogo dove avrebbe avuto degna sepoltura, nella cappella del Grifone, dove già riposavano gli altri quattro combattenti genoani periti nel corso di quei dodici gloriosi anni.
Per intanto erano tutti consci che le polemiche attizzate dai soliti perbenisti ipocriti sarebbero state roventi e avrebbero messo i ragazzi dei club al centro delle accuse. Già qualcuno chiedeva a gran voce l'abolizione del campionato grigio. Sergio Papa non poteva sopportare simili atteggiamenti e lo disse chiaro e tondo nella successiva conferenza stampa.
"Non era forse peggio quando i soliti stronzi si scaricavano correndo come pazzi in auto, ubriachi, mettendo a repentaglio la vita di tanti innocenti? Non era peggio quando qualcuno rapinava una tabaccheria e faceva fuori il proprietario per quattro soldi? Non era peggio quando le bande di ragazzi sudamericani aggredivano e picchiavano vecchi e bambini per le strade? Oggi le situazioni appena descritte non si verificano più. Noi ultras non coinvolgiamo mai degli innocenti. Chiunque partecipi a questi scontri sa a cosa sta andando incontro. Questa è la nostra personale scelta di vita e merita rispetto."
Poi, certo, Rinoceronte e Nibbio, erano caduti, ma la vita se l'erano goduta appieno, tutti e due. D'altronde lo stesso Mani di Pietra, durante un breve momento di lucidità, aveva voluto lanciare un messaggio in tal senso. Si era, infatti, detto felice, nonostante la gravità dei danni fisici riportati, della sua attività di guerriero e orgoglioso di essere stato alla guida dei Grifoni.
E fu proprio quest'ultimo il concetto che Sergio volle esprimere quando fu il suo turno di prendere la parola ai funerali congiunti dei poveri Luca Parodi, detto Rinoceronte e Pablo Estrada Herrera, detto Nibbio, al termine della messa celebrata nella cattedrale di Genova dall'arcivescovo in persona, davanti a migliaia di persone che riempivano all'inverosimile la chiesa e il sagrato:
"Onore ai compagni caduti. Se vinceremo il campionato sarà anche merito loro. Voglio che oggi sia un giorno di letizia, non di dolore, perché Luca Rinoceronte Parodi e Pablo Nibbio Estrada Herrera avevano trovato la loro strada, in questa nostra società di merda: erano qualcuno nel club dei Grifoni! Noi sappiamo che sono morti col sorriso sulle labbra, perché erano due di noi. Sentivano di essersi realizzati insieme a noi e hanno combattuto con onore cadendo da eroi, come avevano sempre sognato.
Ricordatevelo sempre, voi compagni e anche tutti voialtri che siete qui intervenuti: noi, Noi, non siamo gente qualunque, siamo i gloriosi ultras combattenti dei Grifoni. Non dimenticatevelo, mai. Signori e signore, giù il cappello dinanzi a tutti noi, Ultras Combattenti."
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