racconti » Racconti autobiografici » Continuo di... Avventura in India
Continuo di... Avventura in India
Una lunga scalinata formata da 120 scalini era l'accesso all'ashram dove un pugno di casette di pietra e fango, bianche, colore della purezza, racchiudevano mini-alloggi, sala riunioni e un piccolo free-shop, oltre agli alloggi personali di Babaji.
Approfittando di essere "nuovo" mi aggiravo qua e là osservando attentamente quel luogo stando bene attento a non incontrare il santone: una avversione naturale me lo impediva. I primi due giorni furono quindi di "conoscenza" del posto e dei seguaci di Babaji. Gli "uomini vento", i più anziani adepti del santone indiano, ricoperti unicamente da un panno nelle parti intime, meditavano per ore, posizione "fior di loto", rivolti a Oriente, sfidando a torso nudo il freddo, la sorte, il vento fortissimo e gelido del posto e, a parer mio, ogni regola di buon senso.
Ad accrescere la mia acredine nei confronti del guru, un fatto: un giorno una bellissima prncipessa del luogo venne a trovarlo e naturalmente fummo tutti invitati a partecipare alla sua gioia.
Seduti di fronte a loro notai che la donna, distesa a terra ai suoi piedi, se lo stava divorando" cogli occhi. E qui la mia malizia superò sé stessa facendomi fare un pensiero sospettoso oltre che a una figura di merda...
Come avesse letto il mio pensiero Babaji mi guardò severamente e, per mezzo dell'interprete, mi ordinò di andare a pulire la stradina sottostante dagli escrementi animali... con le sole mani nude. Lavorai ben tre ore, poi a mezzogiorno mi mandò a chiamare e fattomi posizionare di fronte a lui (cosa di grandissima rilevanza fra i suoi seguaci) mi offrì il suo cibo. A parte che mi parve morire perché si trattava di chilly puro, mi diede la possibilità di ridimensionare il mio ego... che non era poco. Malgrado ciò rimasi ancora volontariamente discostato da Babaji per diversi giorni fino a che la ragione mi fece accettare di vivere appieno quella esperienza oppure finirla lì.
E così lo stesso giorno mi presentai all'addetto alla "munda", ossia il taglio dei capelli... a rasoio, per intenderci. Usanza che valeva sia per gli uomini che per le donne. Quando a sera mi presentai davanti a lui per il "mantra" collettivo, testa china in segno di "riverenza", mi accarezzò lievemente in capo nudo e sorrise.
Nei giorni a seguire "cercai" con tutto me stesso di adeguarmi al comportamente dei suoi seguaci, ma devo dire con molta fatica interiore... non era il mio credo. Ho trovato grosse difficoltà anche pratiche come il lavarsi nel fiume, gelido; il dormire per terra con sole due coperte; fare i propri bisogni nel greto ricoprendo poi il tutto coi sassi e lavarsi con la sola mano sinistra poiché la destra "è la mano che offre al divino"; lavorare tutto il giorno senza un attimo di sosta se non per bere un po' di the. L'unico incontro spirituale, se così si può definire, era quello serale dove tutti riuniti con Babaji si formulavano mantra in hindi senza neppure sapere cosa stavi dicendo.
Stavo prendendo rapidamente coscienza che quella non era la "via" che stavo ricercando.
Ressi ancora qualche giorno poi, una notte, preparate la valigia e salutati i pochi adepti che erano al cospetto del santone, dopo essere stato da lui benedetto (?) presi la via del ritorno. A piedi! Era la vigilia del Natale Indiano quindi i primi di Gennaio del 1991 e faceva un freddo polare!
Dovetti riattraversare il fiume che nel frattempo si presentava in piena e il "posto di incontro" della corriera (quella che noi chiamiamo fermata") era a non meno di quattro o cinque ore di cammino. Gambe in spalla iniziai quella nuova avventura che mi vide attraversare il fiume in più punti, asciugarmi, rivestirmi diverse volte fino a che gli asciugamani erano completamente zuppi e quindi inutilizzabili, per cui decisi di proseguire come ero: fradicio.
Ad un certo punto, dietro ad una curva, vidi un camion immerso nell'acqua fino al motore e quello che presumibilmente era il proprietario o l'autista, seduto sul tetto del mezzo.
Vista la mia difficoltà ad attraversare quel tratto di fiume, scese dalla sua posizione, e guadando, mi aiutò a superare quella piccola rapida e trascinarmi a riva. Quando lo ringraziai, con un sorriso disarmante rispose: "Sono io che ringrazio te per avermi dato la possibilità di esserti stato di aiuto!". Rimasi stupidi da quelle parole che conservo ancora scolpite nel cuore. Poi, finiti i diverosi inchini - ero un seguace di Babaji, e la Munda ne era il segno riconoscibile, quindi degno di massimo rispetto - mi sfiorò la testa nuda come a invocare la protezione divina e facendomi un ennesimo inchino di stima ritornò sul tetto del camion.
2 parte
Ore dopo, giunto al posto di corriera aspettai il solito carro-bestiame che avevo preso all'andata accendendonmi un bidhi come a riscaldarmi e bevendo un the col latte, buonissimo, fornitomi dal solito venditore ambulante comparso dal nulla.
Giunto dopo alune ore a Bombay cercai un albergo che potesse ospitarmi in cambio di quei pochi soldi che mi erano rimasti. Trovai una pensioncina che accettò la mia poca liquidità in cambio di due notti in camera con altre sette persone e un solo pasto giornaliero di polpettine, credo di chiamassero "chai", ma squisitamente saporite.
Quando finalmente arrivai in Italia, a Genova, era notte fonda. Preso un taxi tornai a casa da mia moglie sorpresa del mio anticipato arrivo. Passai la notte ed il giorno successivo raccontandole l'avventura indiana.
Il viaggio a Hairakan è tutt'ora vivo nel cassetto della memoria come una angosciosa ricerca di quella Verità che col tempo scoprii essere stata dentro di me... da sempre!
12
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati