La frenesia del vivere rende tutto così veloce che vado sempre di fretta e non ho più tempo e la voglia per niente, nemmeno per osservare il cielo azzurro, percepire l'odore del mare, ascoltare le ansie di chi mi sta accanto.
Poi un giorno come tanti e che nemmeno ricordo più quale sia stato, qualcosa mi afferra nell'oscurità, mi azzanna l'anima e inizia a vivere dentro in mio corpo. La mia corsa inizia a rallentare e pian piano sono costretto a fermarmi, non riesco più a correre. Tutto diventa fatica, vorrei dormire ma non riesco nemmeno più a far questo.
Riapro gli occhi e dal mio nuovo letto osservo il mondo esterno attraverso una finestra, ne percepisco i rumori distanti ma non ne sento la mancanza.
Da un'iniziale ansia senza fine ed un senso di vuoto dilagante, vengo raggiunto da una gioia inaspettata e da un inspiegabile senso di pace che mi permettono di godere di tutte le cose della vita, anche quelle più semplici.
Assaporo il piacere di essere svegliato all'alba dal vociare dei gabbiani e dal profumo di caffe che esce dalla stanza degli infermieri e si diffonde per tutto il corridoio, mi affeziono allo stridere delle foglie mosse dal vento e che prima mi aveva sempre infastidito.
Riscopro il valore di un sorriso, l'incoraggiamento di una mano sconosciuta che mi sfiora e mi regala, senza saperlo, un piccolo brivido, mi scuote e mi ricorda che appartengo ancora al mondo dei vivi.
Apprezzo il lento scorrere di giornate fatte di gesti sempre uguali, apprezzo il silenzio di un televisore spento, percepisco la gratitudine di un anziano al quale hai dedicato alcuni istanti ascoltando i suoi racconti, riscopro il piacere dimenticato da tempo di addormentarmi presto e dormire profondomente per quel poco che mi è concesso. Conosco il dono della solidarietà, inizio lentamente ma molto lentamente a mangiare il cibo insapore e scotto, chiuso in contenitori di plastica, confezionato all'orario di colazione ma servito all'orario di pranzo.
Inizio a sentirmi in pace con me stesso ad abituarmi a questa nuova vita e a sentire sempre meno la mancanza di quel mondo esterno cosiddetto "normale".