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Discesa negli abissi

La mia pelle bianca è ormai livida a causa del freddo. Il vestito completamente inzuppato d'acqua è diventato pesante e aderisce al mio corpo inerme. I capelli rossi e setosi si muovono fluttuanti come se avessero vita, come se volessero allontanarsi dal resto di me; scappare via e salvarsi, almeno loro. Sono circondata dall'acqua, immersa in un vortice ghiacciato che mi fa ondeggiare come fossi una bandiera in balia del vento.
Prima del tuffo, della caduta, l'unico liquido che mi bagnava era quello salato delle mie lacrime che, copiosamente, si riversavano sulle guance lentigginose, brucianti come il dolore che le aveva scaturite. Piangevo e litigavo, non so più neanche con chi, non so più neanche per cosa.
Non ricordo volti innanzi a me; solo due mani, energiche e nodose, che hanno afferrato le mie spalle e le hanno strattonate, abbandonando la presa proprio quando il mio peso era sbilanciato verso dietro.
Sono caduta nel vuoto immenso che separava l'alta scogliera dalla distesa dell'oceano.
L'impatto con l'acqua è stato violento; il mare agitato non mi ha lasciato scampo. La forza delle onde che si infrangevano sugli scogli non mi ha permesso di risalire, lasciandomi affondare sempre più giù.
Ho provato a dimenarmi, ma qualcosa mi impediva di tornare a galla per riprendere fiato. La caviglia era bloccata, avvolta strettamente da un'alga che non voleva saperne di disciogliersi. Sembrava mi chiedesse di stare lì con lei, di farle compagnia; forse affascinata dalla storia che la mia caduta le stava raccontando; forse attratta da un essere diverso da ciò che era abituata a vedere. Non ero vegetazione marina, né corallo, né cetaceo.
Ero un essere umano. Uno dei pochi, forse l'unico, ad essere riuscito, sia pure senza volerlo, ad arrivare fin laggiù, nell'oscurità degli abissi.
I miei occhi terrorizzati scrutavano lo spazio attorno a me, alla ricerca di un appiglio, qualcosa che mi aiutasse a riemergere. Ma tutto ciò che vedevano era una natura opaca e ovattata. La salsedine li bruciava e la vista diventava sempre più appannata.
Poi il buio. Gli occhi si sono chiusi quando la mia bocca si è aperta, consentendo all'acqua di invadere i polmoni e alla mia anima di tornare finalmente in superficie.

 

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7 commenti:

  • Roberta Criscio il 15/07/2011 19:54
    Grazie mille!!
  • sara zucchetti il 15/07/2011 19:15
    Racconto scritto molto bene che fa penetrare la tensione e varie emozioni proprio come dicono negli altri commenti con concetti fatti capire da metafore
  • Dora Forino il 26/06/2011 17:48
    Un racconto drammatico, di una donna che annega e sprofonda negli abissi e piano piano il buio più totale, mentre l'acqua l'invade i polmoni e l'anima torna finalmente in superficie... Intensa! Brava! Roberta.

  • Roberta Criscio il 19/06/2011 22:58
    I vostri splendidi commenti mi hanno commosso!!! e sono ancora più contenta per essere riuscita a trasmettervi con chiarezza tutte le sensazioni descritte nel racconto!!
    Grazie davvero di cuore! un abbraccio
  • nicoletta spina il 18/06/2011 23:14
    Molto bello, riesci a rendere l'idea della paura e dell'annegamento, ma anche la sensazione di trovarsi in un mondo dove l'idea di solitudine e compagnia sono un evento estremo che lascia spazio all'anima che non finisce mai di esistere. Bravissima Roberta!!
  • Fernando Piazza il 18/06/2011 20:20
    Le 5 stelle te le ho date in anticipo perchè è scritto molto bene, ma mi riservavo di ritornarvi più tardi per un doveroso commento: tempo tiranno! Il contenuto mi piace ancor di più e descrive in modo magistrale gli ultimi attimi di vita residua della protagonista con un piede ormai "nell'aldilà", impotente seppur desiderosa di ritornare alla sua vita. Ma, ahimè, solo la sua anima potrà aspirare ad elevarsi più in alto del corpo... Molto bello
  • Anonimo il 18/06/2011 20:05
    Una descrizione drammatica, ben fatta ed interessante anche perché, a mio modesto parere, è intrisa di metafore. Morte, dolore, panico, solitudine... rinascita( l'anima che torna in superficie)... brava Roberta. ciaociao

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