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Le creature delle nevi
<<Mio signore, c'è qualcuno in avvicinamento!>> urlò una giovane sentinella rivolgendosi al suo Generale, svegliandolo nella tenda.
Brado fece cenno al suo scudiero di preparare l'armatura e le armi e disse alla sentinella di attenderlo al suo posto di vedetta. Alzandosi dal letto si stiracchiò i muscoli maledicendo la scomodità del giaciglio. Aveva passato ormai ventitré anni in quegli scomodissimi letti e rimpiangeva di averne rifiutato uno migliore, diritto del quale poteva usufruire in quanto Generale.
<<Prima di essere il vostro Generale, sono un vostro compagno d'armi e mi rifiuto di avere privilegi maggiori dei vostri. È sbagliato che un Generale guidi il proprio esercito dalle retrovie guardandolo morire combattendo! Io voglio condividere tutto con voi! Ed è per questo che non mi vedrete mai indossare armature migliori delle vostre o dormire su un letto simile a quello di un grasso principe. Affronteremo e sconfiggeremo insieme quei luridi bastardi e li rimanderemo da dove sono venuti... Morti! Lo faremo insieme!>>. Il neo-Generale sguainò la spada e la levò al cielo. Come risposta si sollevò il boato del suo esercito, con grida di acclamazione.
<<Signore, la vostra spada>> Lo scudiero l'allungò al suo Generale ed egli si riprese dai propri ricordi.
<<Grazie, Jab>> fece un ultimo sbadiglio, ripose la spada nel fodero ed infilò rapidamente la cotta di maglia. Lo scudiero finì di allacciare i suoi bracciali e gambali e Brado uscì dalla tenda coprendosi con il pesante mantello.
Fu subito investito dall'aria pungente del mattino; il sole si intravedeva appena, levandosi all'orizzonte. Attraversò l'accampamento, le cui strade erano a tratti ghiacciate, guardandosi distrattamente attorno. Al suo passare, alcuni soldati, già fuori dalle loro bianche tende, alzarono lo sguardo dal pezzo di pane che stavano addentando, rivolgendogli saluti affabili a cui lui rispondeva con un cenno del capo. Raggiunse la palizzata di legno e salì lungo la scala che conduceva alla torre di guardia. Trovò le due giovani sentinelle affacciate oltre la fila di pali appuntiti, che fungevano da rudimentali merli, le quali mostravano evidente curiosità mista a preoccupazione nello sguardo. Volse anche lui lo sguardo verso Est, socchiudendo le palpebre per l'improvvisa luce, seppur fievole, del sole nascente. Notò un'indistinta sagoma nera che si stagliava contro la piccola parte di sfera infuocata visibile. Gli ci volle un po' per abituare gli occhi a quella luce ed essere in grado di capire che quel "qualcosa" fosse in realtà un uomo a cavallo. <<Potete stare tranquilli>> disse alle sentinelle, le quali si girarono di colpo, spaventate, non avendolo sentito arrivare <<Probabilmente si tratta di un semplice messaggero>>
Lo osservò avvicinarsi e, quando ormai stava per giungere, diede l'ordine di aprire le porte e scese dalla torre. Mentre avanzava verso le porte fu attorniato da una mezza dozzina di soldati armati, tra i quali uno dei suoi Luogotenenti, che si disposero a semicerchio con il Generale in mezzo a loro.
L'uomo misterioso si fermò di fronte a Brado smontando velocemente dal cavallo ormai esausto. Si inginocchiò ed abbassò il capo. Brado notò l'arco che portava a tracolla e le frecce contenute nella faretra, riconoscendolo come uno dei Kherit.
<<Mio signore, mi duole essere portatore di cotante disgrazie>> proferì con tono costernato il Kherit, senza alzarsi <<ma ho l'onere di darvi questa notizia turbando la vostra giorn...>>
<<Alzati, compagno, e parla schiettamente>> lo interruppe Brado, avvicinandosi e poggiandogli una mano sulla spalla.
L'uomo si alzò e lo guardò stupito, senza però riuscire ad eliminare dai suoi occhi l'ombra di un terrore quasi infantile. Ricominciò a parlare <<Chiedo venia, mio signore, ma è successo qualcosa di tremendo questa notte>>
<<Ti ascolto, Kherit>> rispose il Generale sorpreso dal terrore nello sguardo dell'uomo.
<<Io e tredici miei confratelli partimmo da Saban all'alba di ieri. Seguendo l'usuale percorso di ronda trovammo un villaggio all'apparenza deserto e con alcune case danneggiate. Cercando degli indizi tra le macerie trovammo dei corpi orribilmente dilaniati. Pieni di preoccupazione ci avviammo sui nostri passi per riportare indietro la notizia ma lungo il sentiero delle creature ci attaccarono di sorpresa. N-non so proprio come fossero fatte: giriamo sempre al buio per non essere avvistati e prima che mi accorgessi di cosa era successo i miei compagni erano per terra e io galoppavo verso il vostro campo>>
Lo sguardo di Brado cominciò a corrucciarsi. "Di qualunque creatura si trattasse sono state abbastanza astute da avere la meglio su un gruppo di Kherit. Sarebbe stato meglio aver avuto qualche informazione in più, ma in ogni caso è mio dovere impedire che esseri di questo tipo vaghino indisturbati tra le nostre terre." pensò. <<Romin, fai preparare i Cavalieri della Guardia e dì a mastro Habor di far sellare i loro cavalli. Voglio il nostro miglior corpo di cavalleria pronto a partire. E cerca di non allarmare il resto dell'esercito>> disse rivolgendosi al suo Luogotenente.
<<Agli ordini>> rispose Romin accennando un inchino. Girò i tacchi e sparì dietro le tende coperte di neve.
Il Generale affidò il cavallo del Kherit ad uno scudiero, ordinandogli che gliene fosse riportato uno altrettanto valoroso.
Tornò a rivolgere la propria attenzione al Kherit <<Sarai affamato, seguimi nelle cucine. Non sia mai detto che nel mio accampamento si rifiuti ospitalità ad un valoroso servitore della Patria>>. Detto ciò s'incamminò seguito dal suo ospite, congedando gli altri presenti, i quali chinarono il capo e ritornarono alle loro precedenti occupazioni.
Arrivati alle cucine Brado ordinò del pane, del formaggio e una caraffa di vino da condividere con l'uomo. Trascinò una panca vicino ad uno dei focolari dove si accomodò levandosi il mantello e facendo cenno all'altro di sedersi accanto a lui.
<<Siete il primo Generale che vedo comportarsi in questo modo con i suoi soldati. Solitamente chi ottiene il comando è propenso ad assumero un atteggiamento di superiorità nei confronti dei suoi soldati. Mi è sembrato addirittura che i loro "inchini" vi recassero quasi fastidio>>
A queste parole seguì una fragorosa risata di Brado, che diede una pacca sulle spalle del Kherit <<La fama della vostra confraternita è completamente meritata!>> rispose con tono gioviale <<Siete un ottimo osservatore se siete riuscito a notare il mio astio verso queste puttanate formali. Purtroppo i miei soldati continuano a pensare di dimostrare il loro rispetto in questo modo, nonostante la mia vita passata con loro, soprattutto gli ultimi sei anni in quanto loro Generale. Il mio nome è Brado Asra, posso sapere il vostro?>>
<<Sono già a conoscenza del vostro nome, mio signore>> disse accennando un sorriso.
Lo sguardo di Brado non lasciò trapelare stupore.
<<Per quanto mi riguarda, non ho mai saputo il mio, ma sono conosciuto come Igol>> Il Kherit repentinamente mutò espressione: le sue rughe divennero profonde e di colpo sembrò invecchiare.
<<La confraternita mi trovò a vagare tra le foreste delle terre del Sud quando avevo solo cinque anni. Non ricordo come finii lì, questo stesso episodio mi fu raccontato anni dopo. Sono stato fortunato: in quei luoghi sarei di sicuro divenuto pasto per qualche creatura>>
Poco dopo arrivò zoppicando un giovane inserviente che portò loro il cibo ed il vino. Il Generale scambiò qualche parola amichevole con il ragazzo e i due uomini consumarono il frugale pasto quasi in assoluto silenzio.
Usciti dall'accampamento trovarono la colonna dei seicentocinquanta Cavalieri della Guardia schierati sotto la palizzata, con a capo Romin e Jab che teneva fermi due cavalli. Entrambi montarono e Brado chiese ad Igol di guidarli verso il villaggio.
Passarono da subito al trotto, desiderosi di scoprire il prima possibile di cosa si trattasse.
Il paesaggio era caratterizzato da infinite distese di neve che si estendevano a perdita d'occhio, eccezion fatta per qualche raro gruppo di alberi che spezzava la continuità del bianco. Il cielo iniziava ad assumere un colore più chiaro ed il sole era quasi giunto ad un quarto del suo cammino. Seppur non ci fossero né nuvole a coprire la luce né vento a soffiare, il freddo invernale penetrava senza pietà oltre i neri mantelli e le scintillanti armature dei soldati; inoltre, l'assenza di vento non impediva allo stendardo di sventolare con fierezza, mostrando la luna rossa con al centro un cavallo rampante bianco: il loro stemma. Lo stesso stemma applicato sullo scudo tondo dei cavalieri e sul retro dei loro mantelli.
Cavalcavano silenziosamente sulla strada sterrata, quando scorsero all'orizzonte delle case. A quel punto Brado affiancò il cavallo di Igol <<È quello il villaggio?>> gli chiese.
<<No, quello è Toren. Il villaggio trovato distrutto è quello di Ahngael, più ad Oriente>> rispose il Kherit.
Il silenzio del viaggio fu interrotto da grida provenienti dal villaggio. Il Generale ordinò immediatamente di passare al galoppo e di essere pronti a tutto.
Ben prima di arrivare alle case, un gruppo di creature più grandi di un orso sbucò dal caseggiato e li caricò. Erano più veloci dei cavalli.
Brado e la compagnia calarono la visiera e misero la lancia in resta, disponendosi a ventaglio.
Le bestie erano una trentina, anche se Brado non avrebbe saputo definirne il numero con precisione. Il loro pelo era folto e bianco ed avevano gli arti anteriori più lunghi di quelli posteriori, spropositati rispetto al resto del corpo. Poco prima dell'impatto le creature si alzarono su due zampe e saltarono, evitando la carica di lance che incombeva su di loro. Atterrarono con violenza in mezzo alla schiera schiacciando uomini e cavalli in un ammasso di sangue e metallo e sprigionsnfo rapidamente la loro furia omicida sui cavalieri circostanti. Gli uomini, impauriti e colti di sorpresa, impiegarono un po' prima di sguainare le spade e scaraventarsi contro le imponenti bestie.
<<Maledetti!>> Esclamò Brado, smontando da cavallo. Sguainò Tramonto, il suo spadone a due mani, e corse verso la mischia, seguito a rotta da Romin e da altri cavalieri. <<Romin, prendi un gruppo di uomini e guida una carica da Nord. Io li attaccherò da Sud, li rinchiuderemo in una tenaglia!>> Poi, riferendosi ad un gruppo di soldati disorientati gridò <<Uomini, con me!>>. Nella folle corsa a piedi Brado vide uno di quegli esseri cadere a terra, colpito da una freccia nel cranio. Igol, cavalcando in cerchio, scagliava frecce con una ferocia ed una precisione tale che Brado mai si sarebbe aspettato possibile da un essere umano. Era sporco di neve e sangue, le braccia contratte nello sforzo per tendere l'arco.
Vide un gruppo di cinque creature mietere vittime tra le sue truppe. Il respiro iniziò ad accelerare così come i battiti del suo cuore, e la spada a pesare, ma lui avanzava verso di loro insesorabile, con il manipolo di soldati.
Le creature erano poco più alte di un uomo a cavallo, eppure sarebbe stato difficile dire che stavano avendo nettamente la meglio sui Cavalieri della Guardia.
Brado finalmente raggiunse il gruppo, ormai composto da sole due bestie. Urlò a squarciagola e prese di mira una creatura impegnata in combattimento con altri tre cavalieri. Menò un fendente e la colpì di punta sulla schiena. Il sangue uscì a fiotti dalla profonda ferita, ma la bestia continuò a lottare e agitare le braccia in modo spasmodico.
Fu lento, troppo lento. Brado venne travolto, cadde in un letto di neve e l'oblio l'avvolse.
Parole indistinte a poco a poco iniziarono a prendere forma nella sua testa.
<<Mio signore... Riuscite a sentirmi?>>
La riconobbe come la voce di Jab, ma non ne era sicuro.
Aprì gli occhi lentamente cercando di non lasciarsi sopraffare dal dolore che percepiva come una scarica di frecce nella sua testa. Le immagini, da prima offuscate, finalmente assumevano un senso. Vide per prima un soffitto, relativamente alto, in legno, e poi il viso di Jab: un piccolo taglio che prima non c'era si delineava ora lungo la sua guancia. Il dolore quasi gli impediva di pensare.
Gli ci volle tutta la sua forza di volontà per ricordare: "La battaglia: com'è finita?". Questo fu il suo primo pensiero.
"Sono stato colpito sull'elmo e sono svenuto...".
Jab lo fissava preoccupato, senza prestare attenzione alle proprie mani che cambiavano il bendaggio alla gamba ferita.
<<C-cos'è accad...?>> Le parole gli morirono in bocca, sostituite da strazianti urla per il dolore alla testa.
Poco prima di svenire nuovamente, vide il volto di Jab contorcersi.
Al suo risveglio nessuno era presente nella stanza, eccezion fatta per una guardia appisolata su una sedia. Il dolore era ancora presente, ma la testa non gli rimbombava più e poteva pensare lucidamente.
Fortunatamente, il dolore alle gambe scomparve del tutto. Brado riuscì così ad alzarsi ed andò a guardare oltre la finestra: il sole aveva da poco lasciato lo zenit.
Poco dopo decise di uscire da quella casa.
Le strade erano un viavai di soldati che conducevano i feriti dell'attacco in varie case, cercando di dar loro il maggior aiuto possibile, vista l'assenza momentanea di medici. Per lo più erano contadini, ma non mancavano di certo feriti tra i Cavalieri della Guardia.
Scorse Jab ed altri due soldati che confortavano un cavaliere, sdraiato per terra, nel suo lento trapasso. Una scena straziante a vedersi, pensò Brado. Lo conosceva, quell'uomo, e il fatto che dopo innumerevoli battaglie fosse stato ucciso da una bestia, non gli andava affatto giù. Jab lasciò la mano dell'uomo, la quale cadde a peso morto sul terreno. Lui e gli altri due soldati chinarono il capo e pronunciarono qualche parola per raccomandarne l'anima agli Dei.
Jab gli si avvicinò, stupito nel vederlo fuori dal letto nel quale l'aveva lasciato.
<<Cos'è accaduto?>> gli chiese prima che Jab potesse aprir bocca.
<<Abbiamo vinto la battaglia: le creature sono state uccise tutte. Sciaguratamente ottantatre dei nostri uomini sono caduti con onore insieme ad esse. Tra di loro c'era anche Romin, mio signore. Inoltre contiamo una cinquantina di feriti, alcuni dei quali molto gravi, fino ad ora>>
Brado deviò lo sguardo verso Est, per impedire a Jab che vedesse la tristezza mista a rabbia nei suoi occhi. La coda dell'occhio cadde su un gruppo di assi di legno cedute vicino ad una casa quasi interamente distrutta. Represse la rabbia, e s'incamminò verso quelle macerie, con l'intento di aiutare nella ricerca di superstiti. I corvi gracchiarono famelici intorno all'ammasso di cadeveri: un banchetto così chissà quando gli sarebbe ricapitato. Brado udì le laceranti urla di dolore degli uomini in agonia. Afferrò con forza una trave e la scaraventò lontano, scoprendo così un uomo senza viscere ed una donna con la faccia riversa nella neve. Una serie di tre graffi le partiva dalla nuca termimando sotto l'ascella destra. Intorno a loro solo altre macerie, neve e sangue. Poco più in là, sollevò due assi di legno rivelando così due esili gambe sotto il corpo della donna. "I bambini non dovrebbero morire così" pensò Brado, rattristandosi ulteriormente. Decise di dare una degna sepoltura a quel bambino. Scansò delicadamente la donna, presumendo si trattasse della madre, scopendro che in realtà le piccole gambe appartenevano ad una bambina. Aveva una piccola ferita sulla testa e del sangue raggrumato in un angolo della bocca; i lunghi capelli biondi ricoperti di neve. Non aveva altre apparenti ferite sul piccolo corpo. Depose con gentilezza la piccola a terra per andare a cercare qualcosa per poter scavare una buca. Tornò poco dopo con una pala ed iniziò a scavare nel terreno. Prese in braccio la bambina per riporla nella fossa ormai ultimata. La fissò intensamente qualche istante nelle palbepre chiuse, sospirando. Incredibilmente, il freddo dell'inverno non impedì alle dita di Brado di poter percepire un, seppur lento e lieve, respiro della bambina. Il cuore di Brado si colmò di gioia e scoppiò in un pianto interminabile, ringraziando gli Dei per aver risparmiato quella vita tra le poche salvatesi da quel massacro. La sua gioia poté durare ben poco: fu interrotta dal grido dall'allarme di un soldato.
Alcune bestie stavano avanzando velocemente verso il villaggio.
Il terrore prese il controllo di Brado per qualche secondo, ma tornò in se e pensò al modo più rapido in cui avrebbe dovuto agire, mentre i suoi soldati cadevano nel panico. <<Salvate quanti più feriti potete. Ritirata!>> ruggì il Generale, alla fine. Strinse la bambina tra le sue braccia correndo verso Jab; gliel'affidò per poi iniziare ad aiutare gli altri uomini a trasportare i sopravvissuti. Sapeva che, sebbene le bestie fossero ancora lontane, li avrebbero raggiunti in breve tempo. Con un grande sforzo di volontà dovette ordinare di fuggire, lasciandosi il resto degli uomini alle spalle. Montò sul suo cavallo e lo spronò al galoppo. Vide Igol poco più avanti a lui, con al suo fianco Jab che reggeva la bambina tra le braccia. E corsero. Corsero disperatamente verso l'accampamento, sotto la neve che aveva iniziato lentamente a cadere.
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